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Aggiornato: 11 maggio 2025


Nei libri seguenti che costituiscono l'ultima parte delle Storie, il disordine della composizione e il cortigiano riserbo in faccia all'opera dei Medici degenerano in menzogna. Dopo aver accennato col solito disprezzo alle due scuole braccesca e sforzesca, che allora dividevano le guerre italiane sotto gli ordini dei due più grandi capitani del secolo, Francesco Sforza e Niccolò Piccinino, ed avere assai malamente raccontate le loro imprese nello Stato della chiesa, viene al ritorno trionfale di Cosimo e vi si imbroglia descrivendone le circostanze. Il suo odio democratico trapela dalla sua prudenza di letterato cortigiano, mentre la passione dell'analisi politica gli viene soffocata dalla paura di uomo povero alla mercede dell'ultimo papa dei Medici. Poi divaga in altre guerre italiane. Valendosi dei Commentari di Neri Capponi, descrive il gran torneo militare fra Niccolò Piccinino al soldo del duca di Milano e Francesco Sforza generale della Lega, e neppure qui l'odio ai capitani di ventura abbandona il romanziere di Castruccio Castracani, che non s'accorge d'avere davanti due soldati, ai quali solo i migliori dell'antichit

Ma se il Macchiavelli vede un certo nesso logico in queste discordie, non ne afferra bene l'idea e non ne sbroglia gli aggruppamenti che per lui hanno sempre come causa prima una scena drammatica. Poscia narrato Corso Donati e delle guerre con Uguccione della Faggiola e Castruccio Castracani come di avvenimenti casuali, entra nell'episodio del Duca d'Atene con calda eloquenza che dimenticando ogni proporzione nel quadro aggiunge episodi, inventa discorsi, s'allunga in considerazioni, drammatizza ogni circostanza per conchiudere alla terribilit

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