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I Fiorentini che non potevano pagare così grossa somma, temevano di negarla, e non avrebbero osato concederla per non perdere l'amicizia francese. Si pensò a mandare ambasciatori a Massimiliano, ma parve finezza farli precedere da qualcuno che saggiasse il terreno. Il Soderini nominò Machiavelli; ma questi era un subalterno. L'orgoglio fiorentino protestò; fu mandato il Vettori.

Finalmente dopo molto armeggio il Soderini, che lo proteggeva, riuscì a mandarlo al Vettori come corriere apportatore di uno schema di accordo coll'imperatore, che il Vettori solamente doveva giudicare se presentabile o meno.

È un fenomeno tuttora indecifrabile, come dal connubio del duca di Paliano, se non il più ricco, certo il più ipocondriaco uomo di Roma, e di madonna Anna Vettori, gentildonna di sangue purissimo fiorentino, la più pinzocchera e testarda matrona che mai sia cresciuta alla scuola delle prediche del Savonarola, abbia potuto nascere la più bella, la più ardente, la più voluttuosa e fallibil donna che mai abbia promosse passioni, delirii, vertigini, ire, dicerie e calunnie in quel secolo turbinoso.

Il Macchiavelli non era dunque arrivato, dopo parecchi anni di ufficio, questi che doveva passare ai posteri per il più furbo dei politici, a conquistare in Firenze nemmeno l'importanza di un Vettori, volgare letterato e politicante, che solo la sua amicizia con lui ha salvato dall'oblio.