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LECCARDO. Fratelli, di grazia, dopo che sarò morto sepellitemi in un magazin di vino, ché a quell'odore risusciterò ogni momento. BIRRI. Camina, forfante leccardo! LECCARDO. Forfante no, Leccardo . DON RODORIGO viceré della provincia, EUFRANONE, DON FLAMINIO.

DON FLAMINIO. Io non mi dispero della vittoria. PANIMBOLO. Andiamo al fratello, acciò non prenda suspetto di noi e gli ordini presi non si disordenino. DON FLAMINIO. Andiamo. EUFRANONE solo.

DON FLAMINIO. Il reo pentito del suo errore ti porge il pugnale, ché vendichi con la tua mano il torto che ti ha fatto. EUFRANONE. A che mi giova il vostro pentimento e la vendetta che cercate da me? mi restituirá forsi viva e onorata la mia figliuola? Infelice e sconsolato conforto!

DON IGNAZIO. Caro mio don Flaminio, se è disdicevole a tutti tener memoria dell'ingiurie, quanto si denno in minor stima aver quelle che accaggiono tra fratelli? e poi per liti amorose? E questo ch'avete voi fatto a me, l'avrei io fatto a voi parimente. Mi sète or cosí caro e amorevole piú che mai foste, e in fede del vero io vengo ad abbracciarvi.

DON IGNAZIO. Non mi comandar questo, cara madre; ché costui, solito a far tradimenti, veggendomi disarmato, che non mi tradisca di nuovo. DON FLAMINIO. Tien mano alla lingua se vòi ch'io tenghi le mani all'armi. POLISENA. Ed è possibile che possa tanto la rabbia in voi che pur sète stati in un istesso ventre? rabbia piú convenevole a' barbari che a' vostri pari?

DON IGNAZIO. Don Flaminio, son andato gran pezzo ricercandovi: voi siate il benvenuto! DON FLAMINIO. E voi ben trovato! Che buona nuova, poiché mostrate tanta allegrezza nel volto?... DON FLAMINIO.... che cosa avete degna di tanta fretta e di tanta fatica?

DON FLAMINIO. Chi m'ha da tôr Callidora me la torrá per la punta della spada! DON IGNAZIO. Grida come se fusse ingiuriato e non avesse ingiuriato altri. Ma se m'hai vinto con le forfantarie, non mi vincerai con l'armi; e vedremo se saprai cosí menar le mani come ordir tradimenti.

12 Con lor Lattanzio e Claudio Tolomei, e Paulo Pansa e 'l Dresino e Latino Iuvenal parmi, e i Capilupi miei, e 'l Sasso e 'l Molza e Florian Montino; e quel che per guidarci ai rivi ascrei mostra piano e più breve altro camino, Iulio Camillo; e par ch'anco io ci scerna, Marco Antonio Flaminio, il Sanga, il Berna. 13 Ecco Alessandro, il mio signor, Farnese: oh dotta compagnia che seco mena!

Lo scultore Flaminio Vacca ci d

PANIMBOLO. Cose belle a dire e grate all'orecchie ma non riuscibili; e nelle riuscibili non vorrei valermi di mezi cosí pericolosi. DON FLAMINIO. Mai si vinse periglio senza periglio.