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²²⁷ Iulian., 303, 3 sg. Che singolare figura è mai questa dell’imperatore Giuliano! Come mai dal ceppo di Costantino è uscito questo nobile e generoso rampollo? V’ha in questa lunga parabola, di cui qui non ho dato che lo scheletro, l’espressione di un sentimento alto e puro, che non poteva venire che da un’anima profondamente onesta ed aperta al buono ed al bello. E si guardi lo strano fatto! Furono, appunto, i Costantiniani scellerati che favorirono il Cristianesimo e fu il solo Costantiniano generoso ed onesto che tentò il salvataggio del Paganesimo! È che il Cristianesimo, in più di tre secoli di esistenza, roso dalle eresie, diventato ricco e potente, s’era trasformato in una istituzione mondana, in una religione tutta di forme, ed aveva perduta gran parte della sua efficacia morale. Tanto è vero che gi

Questa lettera è un piccolo capolavoro. Vibra, in essa un sentimento della natura, rarissimo fra gli antichi, e qualche cosa di squisito che non può esser proprio che di un’anima aperta alle più vaghe impressioni. Quanti pensieri saran passati per la mente del giovanetto meditabondo che, dal colle solitario, fra una pagina e l’altra d’Omero, guardava il mare, le navi e la lontana Costantinopoli! Quest’ultimo figlio della Grecia risentiva in tutto l’incanto della civilt

Nessuna esistenza più burrascosa e più eroica di quella d’Atanasio. Un romanziere, di fervida fantasia, un Sienkiewicz, potrebbe costruirgli intorno un epico racconto. Nulla può servire a dare un’idea viva dell’ambiente del secolo quarto meglio che lo studio di questa grande figura e delle sue tempestose avventure. L’uomo era grande davvero, era un carattere dominatore per eccellenza, una tempra inflessibile di combattente, un’anima dal volo largo e potente. C’è molta analogia fra Atanasio ed Ambrogio. Ma Ambrogio si è trovato in condizioni assai meno difficili e pericolose. Ambrogio non trovò contrasti nell’esercizio della sua autorit

Non ero più io, non conoscevo più me stessa, mi sembrava di attendere un’anima straniera che stesse per entrare in me. Il campanile, dal borgo invisibile, suonò l’ora. Mi parve di vedere questi larghi rintocchi andarsene per l’aria infuriata come pesanti mantelli gonfi di sonorit

Così mi risponderesti se ti chiamassi, se ti gettassi il mio grido? Bandino. Temo di comprendere. Mi perdo. Mortella. Temi! Sempre la stessa parola. Chi ci mise al mondo, si sbagliò. Sei tu che hai un’anima di fanciulla, e io ho il cuore maschio. Bandino. Che vuoi da me? Parla. Si leva in piedi, sbiancato, fremente. Anch’ella si leva, sul punto d’essere trascinata dalla sua passione.

«Maria è una bella figlia della natura; è un’anima sana in un corpo solido e scultorio. È donna positiva, senza ideali, ma utile e buona, come un’amandorla dolce dalla ruvida scorza.

Giana s’è appoggiata a una spalliera, nella sua attitudine consueta, col mento sul dorso della mano; e sembra tesa a spiarlo da’ suoi lunghi occhi di bautta. Come un’arme a un sol taglio, la sua voce ha da una sola banda un sottilissimo filo di derisione. Giana. Voi siete dunque uno che sa leggere anche in un’anima di vergine? O meraviglia!

Tutte le passioni umane, e i diversi partiti politici si concentravano nel cervello del mondo; la vita era una lotta di forze contrarie che si agitavano convulse fra gli amari disinganni del passato, e le più esagerate illusioni dell’avvenire. Ad un’anima mite e senza ambizioni, come quella di Gervasio, la vita tumultuosa rendeva più doloroso l’esilio.

Questi ultimi detti si può argomentare che dovettero essere uno sforzo supremo di un’anima come la sua, la più nobile e la più generosa. Li aveva proferiti con tal sublime rassegnazione, che tutti gli astanti se n’eran fortemente commossi.

Gherardo Ismera. Mia povera donna, quest’ombra non basta. Anche la notte sarebbe troppo chiara. E che altro vorrei fare, che altro potrei, se non velarmi la faccia ed entrare nel silenzio che tutto assolve e tutto cancella? V’è un’anima che non potr