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Vide ed ammirò anch'egli quelle due luci che il 153 chiamava, in un impeto lirico, «i più begli occhi d'Italia» e che il 152, capo ameno se altro fu mai, simulando la parlata e l'accento di un viaggiatore tedesco in Italia, ribattezzava per «belle parrocchieMa che parrocchie! esclamava il 153. Arcipreture, collegiate, abbazie, cattedrali, basiliche!

Tradendo da fuggevoli contrazioni della bocca un senso d'alto dispregio, si diffuse in una lunga parlata sulla efficacia delle proprie posizioni, sulle forze prepotenti, sulle navi, sull'arrivo del general Viale. E Garibaldi troncando quella sventurata eloquenza: Veniamo al fatto. Posso trarvi prigionieri o gettarvi in mare; ma vi lascio partire disarmati o venire col vostro grado al mio campo.

Le nostre orazioni erano brevi, e tutte latine. La mamma ce le aveva spiegate alla grossa, ma ce le faceva sempre dire in latino. A me, che un giorno le avevo osservato come il latino non si usasse più, la buona mamma aveva risposto: « Appunto perchè non è più una lingua parlata tra gli uomini, dev'essere la lingua in cui si parli a Dio. « Ma se io non la intendo!

Siete un brav'uomo, mastro Bernardo! gridò il Picchiasodo, poi ch'ebbe trincato alla salute di Gilda, del Maso, della zia Rosa, e, a farla breve, di tutti gli astanti, E vedo, stando qui di presidio, che questo popolo è buono, come si è mostrato valoroso in tante occasioni. Sentite ora un mio pensiero; in vino veritas, e se me ne versate dell'altro, mi spiegherò ancora meglio. Grazie infinite! Io dico dunque, che, come noi due non ci odiamo, perchè abbiamo potuto ricambiarci qualche servizio, così non debbono odiarsi finarini e genovesi. Che diamine? o non parliamo tutti lo stesso vernacolo? Meditate su questo punto, mastro Bernardo, che mi par l'essenziale. E non vi metta in pensiero qualche divario nella pronunzia, come a dire un po' di cantilena che noi sentiamo nella vostra parlata, e un po' di strascico che voi fiutate nella nostra. Son cose da nulla, e appunto perchè son cose da nulla, mi stanno a riprova di quanto io v'ho detto. Credete a me, mastro Bernardo; io non so che cosa avverr

Tu rimarrai qui; gli disse infatti il tenente, dopo averlo condotto sul posto, di contro ad un muro a secco, che sosteneva un campo e lo divideva dal sentiero. Che debbo fare, signor tenente? domandò il giovanotto. Ah, siete volontario? riprese il tenente, udendo la parlata del fantaccino. Sissignore. E siete alla vostra prima guardia? Sissignore.

Pochi conoscono que’ paesi appenninici, che si stendono in lunga e frastagliata zona tra i greppi del versante ligustico e le Langhe dell’alto Monferrato, nelle quali si confondono, creando come una stirpe nuova, se pure non è più acconcio il dire che qui veramente si abbia a trovare incorrotto l’antico sangue dei liguri, e dando vita ad una parlata, genovese nella struttura, piemontese nelle desinenze, che giunge all’orecchio piena di agreste leggiadria.

Sia che si voglia, i rioni differivano tra loro per indole, costumi, occupazioni, pronunzia. Anche oggi la vita e la parlata dei Kalsitani è un po’ differente dalla vita e dalla parlata dei Brigarioti e dei Sampietrani.

Quale secreta virtù possedevano le parole antiche, le formule che per secoli e secoli erano state ripetute dalle anime pie, che per secoli e secoli avrebbero echeggiato sotto le vôlte sacre al raccoglimento ed alla penitenza, sopra le culle e sopra le bare? Appartenevano ad una lingua non più parlata dagli uomini, ma eternamente viva, come la più propria espressione della preghiera. E il significato ne era così chiaro, si traduceva così facilmente anche agli ignari: «Benedici, Signore, questo anello che noi nel tuo nome benediciamo, affinchè colei che lo porter