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Da tutte parti saettava il giorno lo sol, ch’avea con le saette conte di mezzo ’l ciel cacciato Capricorno, quando la nova gente alzò la fronte ver’ noi, dicendo a noi: «Se voi sapete, mostratene la via di gire al monte». E Virgilio rispuose: «Voi credete forse che siamo esperti d’esto loco; ma noi siam peregrin come voi siete.

Qual venne a Climenè, per accertarsi di ciò ch’avëa incontro a udito, quei ch’ancor fa li padri ai figli scarsi; tal era io, e tal era sentito e da Beatrice e da la santa lampa che pria per me avea mutato sito.

che quella di colui che li è davante; e noi movemmo i piedi inver’ la terra, sicuri appresso le parole sante. Dentro li ’ntrammo sanz’ alcuna guerra; e io, ch’avea di riguardar disio la condizion che tal fortezza serra, com’ io fui dentro, l’occhio intorno invio: e veggio ad ogne man grande campagna, piena di duolo e di tormento rio.

poi si volgea ciascun, quand’ era giunto, per lo suo mezzo cerchio a l’altra giostra. E io, ch’avea lo cor quasi compunto, dissi: «Maestro mio, or mi dimostra che gente è questa, e se tutti fuor cherci questi chercuti a la sinistra nostra». Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci de la mente in la vita primaia, che con misura nullo spendio ferci.

e la lingua, ch’avëa unita e presta prima a parlar, si fende, e la forcuta ne l’altro si richiude; e ’l fummo resta. L’anima ch’era fiera divenuta, suffolando si fugge per la valle, e l’altro dietro a lui parlando sputa. Poscia li volse le novelle spalle, e disse a l’altro: «I’ vo’ che Buoso corra, com’ ho fatt’ io, carpon per questo calle».

Bisogna sapere che oltre la selva di Barberia era l’orto dove Medusa custodiva il tronco del tesoro dai rami d’oro e dai pomi di smeraldo, e che Medusa era una rea femmina la quale a vederla ammaliava in guisa da togliere ogni piú salda ricordanza del tempo trascorso; onde Tisbina, per consiglio di Iroldo, disse a Prasildo ch’avea gran necessit

li occhi lor, ch’eran pria pur dentro molli, gocciar su per le labbra, e ’l gelo strinse le lagrime tra essi e riserrolli. Con legno legno spranga mai non cinse forte così; ond’ ei come due becchi cozzaro insieme, tanta ira li vinse. E un ch’avea perduti ambo li orecchi per la freddura, pur col viso in giùe, disse: «Perché cotanto in noi ti specchi?

Quindi passando la vergine cruda vide terra, nel mezzo del pantano, sanza coltura e d’abitanti nuda. , per fuggire ogne consorzio umano, ristette con suoi servi a far sue arti, e visse, e vi lasciò suo corpo vano. Li uomini poi che ’ntorno erano sparti s’accolsero a quel loco, ch’era forte per lo pantan ch’avea da tutte parti.

Oh quanto mi pareva sbigottito con la lingua tagliata ne la strozza Curïo, ch’a dir fu così ardito! E un ch’avea l’una e l’altra man mozza, levando i moncherin per l’aura fosca, che ’l sangue facea la faccia sozza, gridò: «Ricordera’ti anche del Mosca, che disse, lasso!,

Ond’ ei, ch’avea lacciuoli a gran divizia, rispuose: «Malizioso son io troppo, quand’ io procuro a’ mia maggior trestizia». Alichin non si tenne e, di rintoppo a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali, io non ti verrò dietro di gualoppo, ma batterò sovra la pece l’ali. Lascisi ’l collo, e sia la ripa scudo, a veder se tu sol più di noi vali».