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NARTICOFORO. Questo vocabulo «pappalasagni» non l'ho osservato in Spicilegio in Cornucopia in Calepino. Granchio, tu che sai di zergo e di furbesco, dimmi, che vuol dire? GRANCHIO. Che sète un grandissimo letterato! Diteme se Gerasto fusse in casa. NEPITA. Non v'è; se vi fusse, potrebbe venir a voi, perché ha in casa certi forastieri romani.

Guadagnavano adunque i mercanti francesi 50 per 100 su queste monete; e perciò ne mandavano giá incredibili somme, tirando di non piú sete o altre mercanzie, ma pezze da otto, che di nuovo, convertite in temini, colá rimandavano. Ma, non potendo star occulto cosí gran traffico, furono ben presto imitati dagl'inglesi, ollandesi ed italiani.

ma di quest’ acqua convien che tu bei prima che tanta sete in te si sazi»: così mi disse il sol de li occhi miei. Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi ch’entrano ed escono e ’l rider de l’erbe son di lor vero umbriferi prefazi. Non che da sian queste cose acerbe; ma è difetto da la parte tua, che non hai viste ancor tanto superbe».

Utilitá particulari sonno quelle che si fanno a coloro che vi sonno piú da presso dinanzi agli occhi vostri, de' quali sète tenuti di sovenire l'uno a l'altro con la parola e doctrina e exemplo di buone operazioni, e in tucte l'altre cose che si vede che egli abbi bisogno; consigliandolo schiectamente come se medesimo e senza passione di proprio amore.

Seguitate con amore A fa' li vostri studî co' giudizio, Che quanno ve levate quarche vizio, Come v'ho detto, sete un professore. Però nun v'esponete. E, verbigrazia, Quanno che ve buttate, state attento Perchè nun ce vo' gnente 'na disgrazia! Anzi, vede, nun è pe' mette' bocca, Ma si lei nun vo' avé' quarche spavento, Lei vadi sempre indove ce se tocca. Dice: Lei dove va?

Veddero un fregno buffo, co' la testa Dipinta come fosse un giocarello, Vestito mezzo ignudo, co' 'na cresta Tutta formata de penne d'ucello. Se fermorno. Se fecero coraggio... Ah quell'omo! je fecero, chi sete? E, fece, chi ho da esse'? So' 'n servaggio. E voiantri quaggiù chi ve ce manna? Ah, je fecero, voi lo saperete Quanno vedremo er re che ve commanna.

Ond'io fui tratto fuor de l'ampia gola d'inferno per mostrarli, e mosterrolli oltre, quanto 'l potra` menar mia scola. Ma dimmi, se tu sai, perche' tai crolli die` dianzi 'l monte, e perche' tutto ad una parve gridare infino a' suoi pie` molli>>. Si` mi die`, dimandando, per la cruna del mio disio, che pur con la speranza si fece la mia sete men digiuna.

CLEMENZIA. Ed un'altra cosa m'è avvenuta, che anco di questo non so che me ne indovinare: ben ch'el mio confessore mi dica ch'io fo male a por mente a queste cose e dar fede alli augúri. VIRGINIO. Che fai, che tu parli cosí drento a te? Egli ha pur passata la befania. CLEMENZIA. Oh! Buon , Virginio. Se Dio m'aiuti, ch'io mi venivo a stare un pezzo con voi. Ma voi vi sète levato molto per tempo.

Rubichea si parte & vassene a Madonna Chyreresis con dua cestelle de varie sorti de lavori mostrando venderli per venir sieco a parlamento: & ritrarla al voler de nobile cusì dicendo. Ru. Dio vi salvi madonna. Chy. ben vi vegna. Chi domandate? Ru. Voi. Chy. siai ben venuta Perdonami: chi sete?

Terni era il centro di cinque vie; si poteva salire a Foligno, quanto discendere a Rieti; voltare per Narni e Viterbo, come salire a Todi e Perugia. Garibaldi lasciò in ogni passo delle squadriglie per ingannare gl'inseguenti, spinse una avanguardia di cavalli a Todi, e il appresso, 9 luglio, vi si condusse egli stesso col grosso del corpo. Qui le cose cominciavano a volgere male, e l'orizzonte ad intorbidirsi. Il programma di Garibaldi fame, sete, marcie forzate se ebbe applausi quando fu proclamato, accennava man mano a divenire impossibile; anche ai tanti di buona volont