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Fu nella casetta del nonno in Brianza che Gervasio conobbe personalmente il cugino Alessandro, figlio di Aristide fratello del colonnello, che era morto da qualche anno in Piemonte, ufficiale nell’esercito. Alessandro aveva seguita la carriera del padre e dello zio, ed aveva fatte le sue prime armi alla battaglia di Solferino, col grado di tenente.

«Fu allora che venni in Piemonte, dove terminai gli studi a questa universit

Era venuta da due soli giorni in quella casa solitaria, col marito e con pochi servi. Aveva rinunziato alla villa magnatizia che sorgeva, sopra un colle del Piemonte, abituale soggiorno estivo; aveva rinunziato al mare, per quella campagna deserta e quasi arida.

Il Piemonte intanto, in parte per timore di vedere l'iniziativa nazionale trapassare dalla monarchia alla bandiera repubblicana, in parte per altre cagioni, intimava nuovamente la guerra all'Austria. La repubblica romana non era stata riconosciuta dal Piemonte. E nondimeno, bastò la lettura del bando che annunziava imminente le ostilit

Era vostra missione d'italianizzare il Piemonte e prepararlo a confondersi nella patria comune, della quale esso avrebbe potuto essere la prima provincia, come il re vostro avrebbe potuto esserne il primo cittadino. Voi, guardando al Piemonte come a Stato destinato a vivere di vita propria, lo avete educato a rinegare la madre comune; a considerare una libert

Il regno dell'Italia settentrionale sotto il re di Piemonte avrebbe potuto essere un semplice fatto creato dalla vittoria, accettato dalla riconoscenza, subìto dagli altri principi per impossibilit

Gli austriaci avevano collocato due pezzi su quel Monte in un'ottima posizione da dove mitragliava i nostri; il generale Bava faceva prontamente raccogliere in un forte drappello i volteggiatori dei due reggimenti Piemonte e postili sotto gli ordini di due Capitani Marcello del e Chiabrera del ordinava loro di sloggiare il nemico e rivoltosi ad essi diceva: «Vedono quei due pezzi? me li facciano tacere».

Allora non rimase piú nulla di veramente militare nelle evirate province d'Italia, o meno in quelle piú anticamente disavvezze; non ne rimase piú se non in Piemonte. Il quale lo deve a' principi suoi, che lo salvarono dall'armi pagate, dalle compagnie di ventura; capitani, venturieri essi stessi in que' secoli, cavalieri prima, generali dopo, militari sempre, di razza, secondo i tempi.

Il consiglio dei ministri raccolto ordinò si formasse un corpo d'osservazione sulla frontiera, centri Novara, Mortara, Voghera. Intanto, si spediva ordine che si vietasse il passo ai volontarî che da Genova e dal Piemonte s'affrettavano a Milano; e fu vietato. Ottanta armati lombardi furono disarmati sul lago Maggiore .

E allora la sera del 23 certa la vittoria e quando l'isolamento avrebbe inevitabilmente rapito Milano alla monarchia sarda per darla all'Italia mentre i volontarî di Genova o di Piemonte irrompevano sulle terre lombarde e le popolazioni sdegnate dell'inerzia regia minacciavano peggio all'interno il re, che aveva, il 22, accertato, per mezzo del suo ministro, il conte di Buol, ambasciatore d'Austria in Torino, ch'ei desiderava secondarlo in tutto ciò che potesse confermare le relazioni di amicizia e di buon vicinato esistenti fra i due Stati , firmò il manifesto di guerra.