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E mi ricordavo l’alba senza stelle, davanti al lampione ad arco del Teatro Eugenia Vittoria, che faceva dondolare, con un lento ronzìo di corde elettriche, il suo globo spento. Frattanto Lord Pepe, in un pessimo francese, tutto cosparso di vocaboli spagnoli, discuteva da uomo competente sul prezzo de’ rosari.

Cara zia disse Enrico a donna Eugenia prendendole una mano io ti ringrazio ancora di tutte le bont

E diede un'occhiata al pendolo confrontandolo col proprio orologio. Tre e mezza disse e io gli aveva dato appuntamento alle tre. Si potrebbe sapere domandò il marchese quale sia il suo progetto, don Ignazio? Proporgli la transazione del cinquanta percento. Posso mettere anch'io una parola? soggiunse donna Eugenia. , la dica lei sclamò il marchese che sono certo non potr

Così dicendo, ella stringeva convulsivamente le mani di donna Eugenia e le portava alle labbra per baciarle, come un bimbo che domanda scusa. Io lo amo mamma, io lo amo il mio Enrico. Mi pareva che egli fosse così sincero. Io non vivevo che per lui! Elisa, fatti animo le disse donna Eugenia bisogna che tu impieghi ogni mezzo per dimenticarlo. Tu sei troppo esaltata, figlia mia.

Povera Eugenia, ben altre sciagure le sovrastavano!... Tuttavia dopo qualche tempo dacchè conduceva questa vita scapestrata sembrò si cangiasse, e ritornò infatti ad essere il marito affettuoso ed obbediente dei primi mesi. La moglie credula e resa cieca dall'amore, credette a una conversione e dimenticò le sventure trascorse. Poveretta! Questa non era che un'infame commedia.

No, la si fermi le disse la signora Eugenia sottovoce. Siniora disse Leopoldina lei deve scusare nostra venuta da lei. Noi venire per affare di suo e nostro vantaggio molto importante. Ah! sclamò donna Eugenia forse mi vogliono parlar in segreto? Oh no, siniora. Il siniore può benissimo ascoltare non essendoci niente di segreto. Tanto meglio.

I militi alzarono i berretti e i cappelli sulla punta delle baionette e lo salutarono col grido: viva il nostro duce! O Roma o morte! All'epoca di Aspromonte, nell'agosto del 1862, l'imperatrice Eugenia aveva cinicamente risposto: Morte e non Roma.

Mentre questo colloquio accadeva nel gabinetto il domestico era rientrato in sala dove stavano donna Eugenia e il marchese d'Arco e le aveva detto sottovoce: C'è qui fuori un signore e una signora che domandano di parlare a lei. Chi sono? Sono forastieri; parlano fra loro in tedesco. Bene falli entrare. Chi mai saranno? domandò il marchese. Ma; ora vedremo!

Eugenia B..., figlia di ricchi genitori che avevano pensato a ritirarsi dagli affari per godere nella vecchiaia i discreti frutti del loro assiduo lavoro giovanile, era una graziosa fanciulla sui 18 anni. Fra i molti adoratori, un giovane per nome Horimonte aveva saputo far breccia nel suo cuore e farsi amare. Era un giovanotto di belle apparenze, quantunque nascondesse sotto la sua ricercata eleganza e compitezza un cuore cattivo e un animo perverso. Tuttavia tanto seppe fare e dire che entrò anche nelle grazie dei genitori, i quali illusi e privi d'ogni informazione sul suo conto, lo tenevano caro e vedevano di buon occhio l'amore dei due giovani. Horimonte era pieno di attenzioni per la sua giovane sposa che in certo modo amava, ma d'un amore vivo e volubile quanto il suo carattere; cercando di nascondere i suoi difetti egli non faceva pompa che delle sue buone qualit

Il marchese s'accontentò di sorridere e di crollare il capo. La signora Eugenia invece non stette zitta: No, no, per te non c'è questo pericolo! Io non ti dicevo altro se non che non bisognava lasciarlo andar in mano degli strozzini. Brava! Perchè non dici addirittura che sono stato io a metterlo in mano degli strozzini?