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SAMIA. Non far, dico. Ségnati prima, Fessenio. FESSENIO. Deh! ' qua. SAMIA. ; ma vedi che in ciò sia tu piú muto che un pesce perché, se mai si risapesse, trist'a noi! FESSENIO. Nol pensare. ' qua. SAMIA. Leggi forte, che intenda anch'io. FESSENIO. «Ruffo a Fulvia salute. Lo spirito sapeva che di maschio era fatto femina Lidio tuo. Meco ne ha riso assai.

Lo corpo mio gelato in su la foce trovo` l'Archian rubesto; e quel sospinse ne l'Arno, e sciolse al mio petto la croce ch'i' fe' di me quando 'l dolor mi vinse; voltommi per le ripe e per lo fondo, poi di sua preda mi coperse e cinse>>. <<Deh, quando tu sarai tornato al mondo, e riposato de la lunga via>>, seguito` 'l terzo spirito al secondo,

32 Non molto va Rinaldo, che si vede saltare inanzi il suo destrier feroce: Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede! che l'esser senza te troppo mi nuoce. Per questo il destrier sordo, a lui non riede anzi più se ne va sempre veloce. Segue Rinaldo, e d'ira si distrugge: ma seguitiamo Angelica che fugge.

Chi me piú teme ed obbedisce, sappi, ch'ei m'ama piú. POPPEA ... Troppo mi rende ardita il temer troppo. Oh qual puoi farmi immenso danno! il tuo amor tu mi puoi torre... Ah! pria mia vita prendi: assai minor fia il danno. NER. Poppea, deh! cessa: nel mio amor ti affida. Mai non temer della mia fede: al mio voler bensí temi d'opporti. Abborro, io piú che tu, colei che rival nomi.

Monsignore Tesoriere, tremante di emozione, favellò: Deh! nobili Signori, non gli badate perchè la sua ragione si è sommersa nel vino, o maggiore sventura lo ha colto.

Dopo questa lotta disperata il sacerdozio co' nervi recisi ebbe a cascare in balia di Filippo: per lui fu eletto Bertrando di Got, il quale tolse nome di Clemente V; francese questo, e nello stato in cui si trovava che resistenza poteva egli opporre al re superbo? Tuttavia da quello astuto prete, ch'egli era, quanto non ispettava al sacerdozio facile concedeva; l'altro no, schermendosi artatamente; così per compiacere a Filippo egli gli condannò i Templari, di cui Filippo arraffati i beni costrinse gli Spedalieri a comprarli; cassò la bolla della scomunica, lui e i complici suoi mandando assoluti; gli concesse le decime per la guerra di Fiandra; e più oltre gratificando il temuto sire (deh! perchè lo spirito di Filippo il Bello non torna a soffiare sul reame di Francia?) tolte le tende da Roma andò a piantarle in Avignone; ma la truce voglia di disotterrare il cadavere di Bonifazio, e darlo al fuoco respinse; bene lo fece giudicare intorno all'accusa di eresia; ma di leggeri uomo si persuade, ch'egli mettesse in opera ogni industria, affinchè il Concilio di Vienna lo rimandasse, come avvenne, assoluto. Il papato adesso si arrampica da questa parte o da quella con perdita continua della sua autorit

Camminando dunque noi con lenti e tardi passi verso il delettevole boschetto: Deh! dissi allora, caro mio Liberato, giá fussi io morto in culla! ché, poi ch'io mi sono dato a gli vani studi de la naturale filosofia, a cercare di conoscere le proprietadi de le cose a noi occulte e impenetrabili, non ebbi mai l'animo mio tranquillo quieto, ed ora piú che mai l'ho travagliato e de vari e diversi pensieri tutto ripieno e distratto.

33 Deh, se non hai del viso il cor men bello, non impedir il mio consiglio onesto!

Pera quel giorno, ch'a venir quì presi; E se pure a tal fin la reggia altiera Trasportarmi dovea, quando v'ascesi Per altrui don, pera quel giorno, pera; Così porto terror? questi paesi Domo così? così pugno guerriera? Oh bel trofeo, che vana, e che lasciva Oggi m'innalzo in su la patria riva! Deh che pregai? deh che rivolsi in mente? Che mi cosparse di veneno il petto?

Ma perché non debbo io piangere? che consolazione arò piú in questa vita? deh, perché non la lascio? perché non m'uccido per disperato? PANURGO. Padrone, ricordatevi che la disperazione è ruina delle speranze; e il ricorrere che si fa piú tosto alle lacrime che a' rimedi, è di persona vile e che non vuole che i desidèri si conduchino a fine.