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Tra quei giovani, uno fermò specialmente la sua attenzione, un biondo con occhi cerulei; si chiamava Adolfo Gianella, era impiegato in una banca e possedeva qualche po' di terra in provincia di Vicenza. Parlava poco, vigilava gli amici, ascoltava, serrando le labbra, i madrigali ch'essi rivolgevano alla giovinetta; e sopra tutto, pareva noiato e diffidente per la presenza di Filippo.

Mio cugino, figuratevi, aggiungeva Adolfo, era un bel giovane, elegante, uno di quei giovani che non si curano d'altro, se non di far una vita allegra... almeno essi la chiaman così... era conosciuto da tutta Napoli.... E l'assassino? chiese Diana, ben lungi dall'immaginare in quale stretta, sin allora ignota relazione, ella fosse con lui.

Credimi, credimi, sono stanca, stanca! (poi tra due baci lunghi avviticchiati). Neanche il mio piccolo Adolfo adorato mi attacca alla vita!... Tu solo, tu solo d

Io, mormorò, sono pronto a sposarti. Loredana si mise a ridere. Ma non sono pronta io, vede? rispose, arrotondando un'altra lingua di seta violetta. E, del resto, la sua dichiarazione mi stupisce: mi crede o non mi crede l'amante di Filippo.... del conte? Adolfo si strinse nelle spalle. Me l'hanno detto, mormorò. Me l'han detto a casa, che tu sei stata col conte fuori di Venezia.

In fondo, la povera donna non sapeva che fare: solo innanzi all'avvenimento inaspettato aveva compreso ch'ella era stata colpevole, che l'amicizia di Filippo alla quale aveva creduto così stupidamente non poteva non mutar forma, e ch'ella avrebbe dovuto, per la salvezza di sua figlia, mettere alla porta Filippo con una mano e Adolfo con l'altra.

Tu, Diana, sei una creatura perfetta.... E per questo mi si danno tante afflizioni! ella disse, guardando Adolfo con una certa intenzione. Non credevo d'avertene mai date io, riprese Adolfo, ma se tu pensi altrimenti, vorrei sapere.... Oh, tu vuoi saper troppo! E Diana gli sorrideva: ma tornò presto a rannuvolarsi. Dunque, che hai, angioletto?

È il mio amico! aveva risposto Loredana alle insistenze del fidanzato. È il solo amico che io abbia: mi vuol bene come un fratello. Perchè devo fargli uno sgarbo e mandarlo via, dopo tre anni d'amicizia onesta? Adolfo non capiva. Un conte, un libertino, un pessimo soggetto, preso da sentimento purissimo per una giovinetta di diciotto anni, bella e povera?

Credimi, aggiungeva Diana, vedendo Adolfo pensoso, in questa casa c'è di certo un mistero: e un brutto mistero! Adolfo era coraggioso, intrepido e l'avea dimostrato ne' suoi viaggi; dinanzi a un nemico, dinanzi a un pericolo non avrebbe saputo indietreggiare un istante. Il coraggio era stato sempre in lui grande quanto il raccoglimento negli studii.

Egli non mi ha sedotta; gli volevo bene, gli voglio bene oggi più che mai; vivo qui sola, in questo paese, per lui. Che colpa ha Filippo in tutto questo? Se anche avessi sposato Adolfo, oggi vorrei bene a Filippo, perchè non ho mai amato che lui; e perciò Filippo è un libertino? Se anche fosse? Io lo amo, gli ho dato tutti i diritti su di me, e tanto peggio per me, dunque!

Era una bellissima giornata. Due nostri personaggi, Diana e Adolfo Venosa, parlavano insieme nel giardino che si stendeva dietro al palazzo del marchese di Trapani. I due innamorati erano nel massimo accordo. Diana sembrava avesse del tutto dimenticato i suoi sospetti di un'intima relazione fra Adolfo e la principessa; o si fosse convinta che avea sospettato a torto.