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E nuovi plausi a me la patria diede, E di nuovi Aristarchi ira mi morse, E nuovi propizi ebbe la fede, E nuova infanzia a me d'intorno sorse, E di morte vid'io novelle prede, E «Vana cosa è questo mondoesclamo, E separarmen voglio ed ancor l'amo!

A questa voce vid'io piu` fiammelle di grado in grado scendere e girarsi, e ogne giro le facea piu` belle. Dintorno a questa vennero e fermarsi, e fero un grido di si` alto suono, che non potrebbe qui assomigliarsi; ne' io lo 'ntesi, si` mi vinse il tuono. Paradiso: Canto XXII Oppresso di stupore, a la mia guida mi volsi, come parvol che ricorre sempre cola` dove piu` si confida;

rivolsersi a la luce che promessa tanto s'avea, e <<Deh, chi siete?>> fue la voce mia di grande affetto impressa. E quanta e quale vid'io lei far piue per allegrezza nova che s'accrebbe, quando parlai, a l'allegrezze sue! Cosi` fatta, mi disse: <<Il mondo m'ebbe giu` poco tempo; e se piu` fosse stato, molto sara` di mal, che non sarebbe.

e si` come saetta che nel segno percuote pria che sia la corda queta, cosi` corremmo nel secondo regno. Quivi la donna mia vid'io si` lieta, come nel lume di quel ciel si mise, che piu` lucente se ne fe' 'l pianeta. E se la stella si cambio` e rise, qual mi fec'io che pur da mia natura trasmutabile son per tutte guise!

Quasi falcone ch'esce del cappello, move la testa e con l'ali si plaude, voglia mostrando e faccendosi bello, vid'io farsi quel segno, che di laude de la divina grazia era contesto, con canti quai si sa chi la` su` gaude. Poi comincio`: <<Colui che volse il sesto a lo stremo del mondo, e dentro ad esso distinse tanto occulto e manifesto,

col capo si`, ch'i' non veggio oltre piu`, e fu nomato Sassol Mascheroni; se tosco se', ben sai omai chi fu. E perche' non mi metti in piu` sermoni, sappi ch'i' fu' il Camiscion de' Pazzi; e aspetto Carlin che mi scagioni>>. Poscia vid'io mille visi cagnazzi fatti per freddo; onde mi vien riprezzo, e verra` sempre, de' gelati guazzi.

e la mia donna, piena di letizia, mi disse: <<Mira, mira: ecco il barone per cui la` giu` si vicita Galizia>>. Si` come quando il colombo si pone presso al compagno, l'uno a l'altro pande, girando e mormorando, l'affezione; cosi` vid'io l'un da l'altro grande principe glorioso essere accolto, laudando il cibo che la` su` li prande.

Poscia che fummo al quarto di` venuti, Gaddo mi si gitto` disteso a' piedi, dicendo: "Padre mio, che' non mi aiuti?". Quivi mori`; e come tu mi vedi, vid'io cascar li tre ad uno ad uno tra 'l quinto di` e 'l sesto; ond'io mi diedi, gia` cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due di` li chiamai, poi che fur morti. Poscia, piu` che 'l dolor, pote' 'l digiuno>>.

che l'una parte e l'altra tira e urge, tin tin sonando con si` dolce nota, che 'l ben disposto spirto d'amor turge; cosi` vid'io la gloriosa rota muoversi e render voce a voce in tempra e in dolcezza ch'esser non po` nota se non cola` dove gioir s'insempra. Paradiso: Canto XI O insensata cura de' mortali, quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter l'ali!

Ma conveniesi a quella pietra scema che guarda 'l ponte, che Fiorenza fesse vittima ne la sua pace postrema. Con queste genti, e con altre con esse, vid'io Fiorenza in si` fatto riposo, che non avea cagione onde piangesse: con queste genti vid'io glorioso e giusto il popol suo, tanto che 'l giglio non era ad asta mai posto a ritroso, ne' per division fatto vermiglio>>. Paradiso: Canto XVII