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Ei della vita tua la miglior parte Avido succhia, e il fuoco di tue vene; E quel vampiro è l’Arte. Nelle tue veglie solitarie, oh, quante, Quante volte esso venne al tuo guanciale, Famelico e guatante!... Tu d’Apollo nascesti al vieto regno; Ma in questo secol bottegaio e tristo È un delitto l’ingegno. Su, denuda nel verso prepotente Le vive piaghe del tuo cor; sul viso Ti rider

E senza attendere risposta continuava: "Fa una cosa; chiama la tua figliuola, e vieni a cena meco, chè vedremo di aggiustare la faccenda per dopo quaresima." "Con tutto il cuore, Lazzaro... Avviati, chè io ti tengo dietro." E Lazzaro gettandosi il pastrano sopra le spalle favellò: "Anche questa è fatta, disse colui che infornò la moglie mentre si asciugava il sudore. Buona notte, compari..."

Perchè la mandi via? chiese Leonardo, e udendo il passo della moglie che si allontanava, stette in ascolto finchè fu uscita, poi disse sospirando: Che cosa vuoi da me ora? La lingua disse il medico. Leonardo cavò la lingua. Come ti senti? Bene. Saprai resistere ad una commozione? . Ebbene, allora sappi che io ti ho ingannato..., ho detto tutto a tua moglie. Ah!

O misericordia la quale esce della Deitá tua, Padre etterno, la quale governa con la tua potenzia tucto quanto el mondo! Nella misericordia tua fummo creati: nella misericordia tua fummo ricreati nel sangue del tuo Figliuolo.

Oh! calma, Anima mia, la tua febbre sovrumana, poichè ci è dato di assaporare un'ora squisita, in libert

Ma per giungere ad una meta bisogna mettersi in istrada, e compiere il dovere che il Signore prescrisse ad Adamo: «mediante il sudore della tua faccia, mangerai il tuo paneSono pronto, risposi, a dimostrarle la mia buona volont

60 Se non ti muovon le tue proprie laudi, e l'opre e scelse a chi t'ha il cielo eletto, la tua succession perché defraudi del ben che mille volte io t'ho predetto? deh, perché il ventre eternamente claudi, dove il ciel vuol che sia per te concetto la gloriosa e soprumana prole ch'esser de' al mondo più chiara che 'l sole?

Josie, Josie mia, mentre salivo a te, simile ero allo spasimo accelerato della lussuria che nella tua carne so spingere a forza di carezze!... Simile ero allo spasimo che ti morde le viscere, e a poco a poco bruciandoti il dorso, annegandoti gli occhi, soffocandoti il petto d'angoscia e di piacere, fa scoppiar la tua bocca in un altissimo grido, e lancia alfine la tua anima in fiamme nell'Infinito!...

Filippo Bertone, a quelle parole del suo amico d'adolescenza, si fece in volto del colore che sapete. E non volendo ammettere, e non sapendo negare, tentò di sviare il discorso. Uomo debole! diss'egli, mettendo amorevolmente le mani sulle spalle di Ariberti. Non hai la tua stella polare a Torino? , è vero; rispose Ariberti con impeto, ma reprimendo in pari tempo un sospiro.

«S’ei posson dentro da quelle faville parlar», diss’ io, «maestro, assai ten priego e ripriego, che ’l priego vaglia mille, che non mi facci de l’attender niego fin che la fiamma cornuta qua vegna; vedi che del disio ver’ lei mi piego!». Ed elli a me: «La tua preghiera è degna di molta loda, e io però l’accetto; ma fa che la tua lingua si sostegna.