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E la gente rideva ancora. Poscia si aperse l'Esposizione di Torino, mercato delle poche ricchezze dell'arte italiana, nella quale un villaggio medioevale costrutto colle leggi prospettiche di un scenario, col suo castello medioevale in fondo, improvvisato, falso, più meschino di un balocco, più ridicolo ancora dell'idea d'onde era nato, più labile forse dello stesso scopo cui era destinato, fu la sovrana meraviglia e il vanto più orgoglioso. Gli affreschi vi erano dipinti sulla tela, ma i camerieri vi portavano le assise degli antichi servi. Il castello, invece di sorgere sui monti armonizzando con essi la propria architettura, era nascosto nel fondo di una pianura oltre il Po; le case che vi conducevano non avevano che la facciata, ma in compenso nelle loro botteghe imitatamente vetuste artieri moderni abbigliati all'antica vi facevano per la curiosit

Quando poi il Governo firmò la indegna Convenzione di settembre, con la quale rinunziava a Roma, il Mazzini protestò contro quell'atto con diversi scritti: La Convenzione, La Convenzione e Torino, Ai giovani delle Romagne e delle Marche, Roma è dell'Italia, Ai miei fratelli delle Romagne, dal primo dei quali togliamo il brano seguente, profezia di ciò che avvenne tre anni dopo alla gloriosa e sventurata spedizione nell'Agro Romano: «La Convenzione, se il Governo mantiene i patti, decreta Roma abbandonata fra due anni a una lotta feroce senza pro: l'Italia legata ad assistervi immobile: Aspromonte in permanenza: decreta se il Governo non li mantiene il disonore della Nazione; la guerra della Francia per violazioni di trattati liberamente sanciti; l'incredulit

Se non fosse indiscrezione nuova, pregherei questi a rimandarmele, e chicchessia a mandarmene altre. S'intende sempre correzioni di fatti; ché, quanto a' princípi od opinioni, è piú difficile che mai ch'io ne muti nessuna. Torino, 5 novembre 1850. I tirreni.

Ma finalmente, veduti mancare i soccorsi che il marchese Galeotto cercava di raggranellare ne' suoi feudi d'oltre Appennino, e che chiedeva, ora a Torino, ora alla corte di Francia, i finarini si arresero, dopo quasi un anno e mezzo di lotta.

II, e che non ha guari passarono al R. Gabinetto di Torino, mi fa sospettare che quella moneta non si battesse mai, comeché se ne fosse decretato lo stampo.

E che cos'è? si provò a dire sgomentita la rosa di Torino. Ah, ah! gelosa! C'è laggiù, in quel giardino, una bella signora, più bella di voi a gran pezza.... Da che parte? chiese pronto il garofano da che parte, ch'io non l'ho veduta ancora?

E sebbene egli e gli altri suoi compagni d'azione avessero lealmente dichiarato di tacer di repubblica se la monarchia piemontese si fosse dichiarata alla sua volta unitaria e si fosse attivamente accinta all'opera, furono, ciò non ostante, cercati, perseguitati dalla polizia come traditori e peggio. Al Saffi, giunto a Torino, fu intimato di ripassare entro ventiquattr'ore la frontiera.

La novella, la grande novella del giorno, fu pronta a percorrere tutta Torino. In capo a qualche ora, nessuno dell'high life cittadina ignorava che il Duca Giuliano Lantieri aveva riacquistata la sua libert

Esaudì l'Austria quella invocazione; e fu un punto che Torino sentì approssimarsi lo scalpitare dei cavalli nemici. Francia venne; in meno d'un mese, di battaglia in battaglia, e di sbaglio in isbaglio, Austria fu a Solferino.

Il generale Sirtori, capo di Stato Maggiore dei Mille, rimase in Palermo Prodittatore della Sicilia ed ogni cosa in generale camminava in favore della fortunata rivoluzione. A Roma però, in intelligenza con Torino e Parigi, focolari d'ogni malizia, tramavasi contro la stessa, e preparavansi tutti i mezzi per arrestarla ed annientarla.