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E abborre l'angiol vil che il seducea, L'angiolo vil che invano ognor gli grida: «Nulla tu sei che argilla stolta e reaTaci, bugiardo spirto! Iddio m'affida: Ei non m'ha tolto, come a te, l'amore: Uom si fe' perch'io 'l veda ed abbial guida. Servo a lui son, ma sono a te signore; Mal cangi astutamente e viso e manto, Per trarmi fra tuoi schiavi al tuo dolore.

Un'idea luminosa colpì Alice, e domandò: "È questa forse la ragione per cui vi sono tante tazze apparecchiate?" "Proprio così," rispose il Cappellaio, con un sospiro: "è sempre l'ora del , e non abbiamo mai tempo di risciaquare le tazze." "E così, andate girando sempre intorno, nei frattempi?" disse Alice. "Proprio così," replicò il Cappellaio: "a misura che le tazze hanno servito."

te lascia la Musa, o multiforme Delio, a cui da le labbra, ampia e diversa Copia di celie e di saver discorre. Vedilo: come a l'agitar del vaglio Va saltando qua e l

E' mi par che l'abbia il dimonio in corpo. E pur Lidio doverria avergliene cavato. FULVIA. Oh fraudolenti spiriti! oh sciocche umane menti! oh ingannata e infelice Fulvia, che, non pur te sola offeso hai, ma ancora chi piú che te stessa ami!

Non dire così, Fausta! Ormai! La vita, replicai, non ostante le nostre aberrazioni, le nostre miserie, le nostre colpe, è bella, Fausta; massime quando le sorride una giovinezza come la tua, massime quando possiamo adoprarla per qualcosa di nobile, di eccelso, da soddisfare la nostra coscienza, da appagare il nostro cuore. Tu insegui sempre il tuo sogno! No, Fausta. Ormai! ripeto come te.

PRUDENZIO. Immo, in via publica te volemo vapulare. MINIO. Ecco Malfatto, mastro. PRUDENZIO. Veni, accede, ambula. MALFATTO. , , lo farò; misser . LUZIO. Oimè! oimè! oimè! PRUDENZIO. Malfatto, non odi, no? Vien qui. MALFATTO. Oh! parlate, parlate, ché non ve adormirete. PRUDENZIO. Camina, dico. LUZIO. Oh mamma mia! MALFATTO. Che volete adesso? PRUDENZIO. Piglia costui a cavallo.

In van da gli atti miei pena raccogli, Falso argomenti, e te medesma inganni; Reina, dal timor l'alma disciogli, Chè non è stella in Ciel, che ti condanni, Anzi a tua vita ritrovar conforto Aperto varco e non fallace ho scorto.

<<S'elli avesse potuto creder prima>>, rispuose 'l savio mio, <<anima lesa, cio` c'ha veduto pur con la mia rima, non averebbe in te la man distesa; ma la cosa incredibile mi fece indurlo ad ovra ch'a me stesso pesa. Ma dilli chi tu fosti, si` che 'n vece d'alcun'ammenda tua fama rinfreschi nel mondo su`, dove tornar li lece>>.

Rispondi, sciagurata, lo sai?... Or bene: te lo diranno gli avvocati, te lo diranno i giurati alla Corte di Assise... quand'io con queste mie mani, tramutate in artigli da pantera, ti avrò afferrata per il collo e strozzata come un pollastro...

Appena, sai, mi sono sentita guardare così, ho capito che non potevo far niente; mi sembrava in quella camera così grande di essere lontana cento miglia anche da te, che eri nell'altra. Che cosa pensavi allora? A questa inattesa domanda l'altra trasalì; ma Tina si alzò per fare due o tre passi nella cucina.