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Parlavano tutte spagnuolo. Soltanto dopo qualche minuto, ci accorgemmo che avevano i piedi nudi e le babbuccie gialle sotto il braccio. Perchè non vi calzate? domandai a una delle vecchie. Come! mi domandò alla sua volta, meravigliandosi non sa ella dunque che gl'Israeliti non possono portare le scarpe che nel Mell

Innanzi tutto, le molte incertezze ortografiche possono esser proprie non tanto del tipografo quanto dello stesso autore e indicare la sua maggiore o minor conoscenza e la sua piú o meno esatta pronunzia dello spagnuolo; è male, anzi è bene, che di questa sua conoscenza e pronunzia restino, anche nella nostra edizione, le tracce.

SPAGNOLO. Digo que ayer llegué á esta venta, á esta taberna. GIACOCO. Ed io te dico ca la casa mia non è vinti trenta quaranta, e ca no è taverna. Chiappino, ca buole sto spagnuolo dalla casa mia? CAPPIO. Deve esser qualche ladro, e sará qui nascosto per arrobbare. GIACOCO. E chesta è la guardia ca se fa alla casa mia? CAPPIO. Vien qui tu: come ti chiami? SPAGNOLO. Don Cardon de Cardona.

Mormorando questi versi, riuscii nella via Juan de Mena, l'Ennio spagnuolo, come lo chiamano i suoi concittadini, autore d'un poema fantasmagorico, intitolato: Il labirinto, imitazione della Divina Commedia, di gran fama ai suoi tempi; e non privo, in vero, di qualche pagina di poesia ispirata e profonda; ma, nell'assieme, gonfio di pedantesco misticismo, e freddo. Giovanni II, re di Castiglia, andava pazzo di questo Labirinto, lo teneva accanto al messale nel suo gabinetto, lo portava seco alla caccia; ma, vedete capriccio di Re! il poema non aveva che trecento strofe, e a Giovanni II parevan poche, e sapete per qual ragione? Per la ragione che l'anno è di trecento sessantacinque giorni, e a lui pareva che quanti sono i giorni dell'anno tante dovessero essere le strofe del poema; e pregò il poeta di comporne altre sessantacinque, e il poeta lo obbedì; lietissimo, l'adulatore! di vedersi offerto un pretesto per adulare ancora; benchè l'avesse gi

Ma l'esacerbamento delle passioni politiche e il furore delle lotte intestine non ha mutato il fondo dell'antico carattere spagnuolo. Solamente quella parte della societ

M'era dunque apposto dirittamente io? Eh! con me non si canzona; e quel visino di ave maria non mi aveva punto ingannato. Cara di angel, coraçon de demonio, come dice lo spagnuolo.

Innanzi tutto, le molte incertezze ortografiche possono esser proprie non tanto del tipografo quanto dello stesso autore e indicare la sua maggiore o minor conoscenza e la sua piú o meno esatta pronunzia dello spagnuolo; è male, anzi è bene, che di questa sua conoscenza e pronunzia restino, anche nella nostra edizione, le tracce.

E questa, piú che tutt'altra, è la cagione che anche oggidí si parli del Labirinto come d'un fasto spagnuolo. Dall'apparire di esso infino ai di presenti la Spagna, ad onta di alcune sue sventure domestiche, ad onta della prepotenza d'altri Stati europei, non ha perduta mai la sua libera esistenza politica.

I Francesi arrivarono di corsa condotti dal duca di Guisa, le terre della Chiesa occupate dagli Spagnuoli furono riprese in un batter di occhio; il Papa non capiva in dalla contentezza, di benedizioni e di promesse dispensò un diluvio, ma quando il Guisa fu sul punto di entrare su quel di Napoli il duca di Montebello nipote del Papa gli condusse pochi fanti di aiuto: presero Campli e col vessillo della Chiesa ci furono commessi fati, che i Turchi non avrieno potuto peggiori; famoso va per le storie l'assedio di Civitella dove si ruppero le forze francesi e del Papa davanti la resistenza disperata dei cittadini, massime delle donne. Certa cosa ella è che se i soli soldati avessero condotto le difese, i Francesi vincevano: ma a sbaldanzire la burbanzosa prosunzione dei soldati gesti antichi di popolo non bastano, anco i moderni; le forze del popolo sempre durante il pericolo s'implorano, passato il pericolo si dispettano sempre. Questa lega incominciata con le benedizioni finì con lo scaraventare, che fece il Guisa un piatto nel capo al duca di Montebello; sopraggiunsero acquazzoni a guastare le opere francesi, sicchè il Guisa stizzito ebbe a dire: «anco Dio è diventato SpagnuoloIl duca di Alba campeggiando ributtò il nemico fuori del regno; non mancarono in cotesti tempi censori, i quali lo ripresero per non avere assalito i Francesi nella ritirata, principalmente al passo del Tronto, ma egli rispondeva: le fortune della guerra mutabili; suo intento sbrattare il regno dai Francesi, e questo avere conseguito; non doversi mai cercare miglior pane, che di grano, egli volere giocarsi Napoli con la casacca di broccato del duca di Guisa. Però non istette guari che gli assalitori diventarono assaliti: Segni pagò per Campli; francesi o spagnuoli espugnando bene saccheggiavano, stupravano, uccidevano, gli uccisi, e i rubati italiani. Il duca di Alba all'improvviso di Fabio si tramuta in Marcello, e con audacissima mossa si avventura a sorprendere notte tempo Roma; gli andava fallito il disegno se considerando uno irrequieto agitarsi di torce, e certi cavalli proprompere fuori delle porte non avesse temuto, che Romani avvertiti del pericolo mandassero pei soccorsi al Guisa accampato a Tivoli; per la quale cosa il duca di Alba non volendo essere tolto in mezzo a due fuochi rifece i passi. Gli storici affermano che il duca di Alba non si apponesse al vero, imperciocchè il Caraffa perlustrasse la citt

Il duca esciva pochissimo; si tratteneva nel suo gabinetto col procuratore del nobile cappuccino, che si era presentato a don Francesco lo stesso giorno, in cui questi aveva incontrato l'ufficiale spagnuolo. , il duca, che tanto si era ostinato a non voler riconoscere i suoi parenti spogliati, ora moriva di voglia di far presto a render loro il nome e le sostanze, che ad essi spettavano.