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E se, nei secoli e per gli uomini che ci precedettero, dinanzi alla sete di libert

Ne' solo a me la tua risposta e` uopo; che' tutti questi n'hanno maggior sete che d'acqua fredda Indo o Etiopo. Dinne com'e` che fai di te parete al sol, pur come tu non fossi ancora di morte intrato dentro da la rete>>. Si` mi parlava un d'essi; e io mi fora gia` manifesto, s'io non fossi atteso ad altra novita` ch'apparve allora;

Ed essere amata da lui è la mia gloria e mia terrena beatitudine: me li sono data in tutto e per tutto, o che mi schivi o che mi batta o mi venda in man di turchi. Mi contento del suo contento; onde se voi avete la medesima volontá mia, sète mio padre, altrimente io non ho padre madre altra persona al mondo se non lui.

Ritta nel sole, colle man sul fronte a schermo, guardi se un ruscello appaia, se qualche roccia della rea petraia pianga per una sua cerula fonte. Nulla: non trovi nulla, fuor che sassi, polvere, ortiche, calcinacci. E rabbia d’arsura, quasi che rovente sabbia colle contratte fauci respirassi. Dio mio che sete!... Asciugheresti i fiumi. Ma non v’è nube in ciel, ma non v’è filo d’acqua fra pietre.

Toglietemi questo avanzo di vita, toglietemi da tanta miseria: qua non lenti consigli di vecchi ma uno espedito decreto ché muoia; e voi sète reo giudice e inumano, se non volete che con la morte finisca la mia miseria. E perdonatemi se non uso con voi quelle parole rispettevoli che a voi si devon per ogni ragione.

CINTIA. Gli occhi vostri non devrebbono mai veder altro che voi stesso, perché non ponno mirar cosa piú bella di loro; e però devreste sempre tener dinanzi un specchio. ERASTO. Voi sète il mio specchio, ché mirando voi vedo tutto quel bello che posso veder qui in terra; e se pur vedete in me cosa che vi piaccia, vien dal reflesso della vostra bellezza. Ma lasciamo le cerimonie.

Io metto pegno che l'onorevole Ariberti, abbacinato da tutto quello splendore di sete e di trine, da tutto quello scintillìo di diamanti, da tutta quella perlagione di carni, s'augurò per un istante di esser Paride e d'avere un pomo tra mani.

Fathma ruppe in uno scroscio di risa Elenka, sai tu, cosa vengo a fare qui? Non m'importa di saperlo. Te lo dirò lo stesso. Io, Fathma, la Favorita del Mahdi, che tu tradisti e sferzasti nelle foreste del Bahr-el-Abiad, vengo a chiedere la tua vita!.... Ho sete del tuo sangue, sai, ma una terribile sete, uscirò di qui senza essermi dissetata.

Non sète voi il maestro di suo figliuolo, che veniste a l'ostaria con noi? PEDANTE. , sono. GHERARDO. Entrate. PEDANTE. Sopra la fede vostra? GHERARDO. Oh ! VIRGINIO, STRAGUALCIA, SCATIZZA, GHERARDO e PEDANTE. VIRGINIO. Venite con me quanti voi sète. Stragualcia, vien tu ancora. STRAGUALCIA. Con l'arme o senza? Io non ho arme. VIRGINIO. Tolle costí, in casa dell'oste, qualche arme.

LELIA. Sète forse aspettata dal guardian di San Francesco? o pure andate a trovar fra Cipollone? CLEMENZIA. Doh! che te venga la febre ben ora! Che hai a cercar tu i fatti miei dov'io vo dov'io stia? che guardiano? che fra Cipollone? LELIA. Oh! Non v'adirate, mona Molto-mena-e-poco-fila. CLEMENZIA. Per certo, io conosco costui; e, non so dove, mi pare averlo veduto mille volte.