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Ivi il misero dormendo sul terreno ignudo, pativa disagio d'ogni nutrimento, e sovente alle arse sue labbra dopo lunga sete, si concedevano, a spegnerla, liquori putrefatti o amari.

E qui tacque: un pallore mortale gli si diffuse pel volto: stette immobile con intentissimi sguardi, e con la bocca mezza aperta, come il tormentato dalla sete; giù per le guancie gli trascorrevano grosse stille di sudore che gli scaturivano frequenti dalla fronte, quasi spremute dal cervello compresso dall'angustia.

non perche' nostra conoscenza cresca per tuo parlare, ma perche' t'ausi a dir la sete, si` che l'uom ti mesca>>. <<O cara piota mia che si` t'insusi, che, come veggion le terrene menti non capere in triangol due ottusi, cosi` vedi le cose contingenti anzi che sieno in se', mirando il punto a cui tutti li tempi son presenti;

TEODOSIO. O fortuna, io ti disgrazio che ne rompesti la prigionia e ne facesti scampare, ché ci era piú dolce soffrir la fame, la sete, la prigionia e l'ingiuriose parole che abbiamo sofferte da quei cani, che quello che abbiamo inteso in casa nostra.

Una conca grande d'acqua stava a' piedi della tavola, forse refrigerio più utile ai sofferenti feriti sia per mantenere, bagnandole, le loro ferite umide e fresche, sia per appagare la sete che le ferite generalmente cagionano. Tre donne di rara bellezza sopraintendevano alla cura dei feriti ed al nobile e gentile loro aspetto, noi riconosciamo le nostre eroine: Clelia, Giulia ed Irene.

Arsa dalla sete agendo più per istinto che per forza di volont

TRINCA. Sète di quei padri che prima muoiono, che maritano i figli, per non contentarsi mai. PARDO. Or ho deliberato dar Sulpizia per moglie ad Attilio, e vo' che mi ubedisca, cosí per l'obligo che mi tiene di figlio, come per l'onestá della dimanda, e come per l'amor che mi porta: ché l'amor e l'ubedienza son sorelle carnali. TRINCA. V'è tenuto per obligo, e farallo per cortesia e per amore.

"Ed or ch'io chieggo un verso, una melòde; "Or che una sete mi esagita e rode "Di profumi e di cantici, "Non una lieta immagin mi consola, "E invano alla mia Musa una parola "Io chieggo in elemosina!

EROTICO. Dio vi accresca salute e vita, mio carissimo padre e padrone: padre in amore, padrone in riverenza. Vo' baciarvi le mani. PARDO. Non mi fate questo torto, ché non lo comporterò: volete vincerla pure? EROTICO. Perché è mio debito di farlo. PARDO. Poiché dite che mi sète figlio, potrete trattarmi come vi pare.

NARTICOFORO. bene, non desidero saper altro se non se sète lui o me. PANURGO. Diavolo, fammi essere altro se non che io. GERASTO. Questo sappiamo bene; noi disiamo sapere voi chi sète. NARTICOFORO. E per questo vi dimandiamo: voi chi sète? PANURGO. Io son io, posso esser altro che io. Se tu sei me, io non posso esser io; e se io non son io, sarò un altro; e quello chi è o chi fu?