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Tra me e mio fratello s'intrapponeva la figura di Filippo Arborio, vivificata dal mio odio, resa dal mio odio così intensamente viva che io provavo, guardandola, in sensazione reale, un orgasmo fisico, qualche cosa di simile al fremito selvaggio da cui ero stato preso talvolta trovandomi sul terreno, di fronte all'avversario spogliato di camicia, al segnale dell'attacco.

«L'Amore! l'Amore in questo quadro non è un giovinetto nume, radioso e ridente, coronato di rose e di passione. No. L'Amore è una figura austera, e triste, e solitaria... Oh, caro Selvaggio, io so quanto triste, e quanto solitario tu sei! «Ma tu comprendimi e perdona! E di' addio. Addio a Nancy». E il Selvaggio comprese. E perdonò. E disse addio a Nancy.

Forza di melodia, che da un tormento intimo viene, e che talor mi strozza dentro così, che n’ho la gola mozza, ma non la posso liberar nel vento. Manca l’arco che il mio ritmo selvaggio accompagni con l’ebbra ala d’un’eco. Quell’arco è il tuo. Forse tu pure un’eco cerchi nel mondo, o nòmade selvaggio.

Che voleva dir ciò? Noi sappiamo che i racconti di un selvaggio, accennando ad una ricchissima regione, avevano abbagliato il Pinzon. Ma senza sapere di ciò, l’almirante pensava dirittamente dell’altro; pensava ad esempio che Martino Alonzo non era il più obbediente degli uomini e sopportava con impazienza l’autorit

"Io sono una specie di selvaggio, un essere che sta tra il nuovo e il vecchio mondo, ma che non appartiene a nessuno dei due. Voi dovete ricordarvi di me, perchè so d'avervi raccontato le mie peregrinazioni fra le tribù indiane. "In quel racconto v'ha un mistero, qualche cosa che non era nei miei viaggi, ma traboccava nel mio cuore e voleva corrermi alle labbra. "Sappiatelo adunque: io vi amo.

<<A te convien tenere altro viaggio>>, rispuose poi che lagrimar mi vide, <<se vuo' campar d'esto loco selvaggio: che' questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; e ha natura si` malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo 'l pasto ha piu` fame che pria.

Ad un tratto, sorgendo d'un balzo fra le rocce, o Mare, schiumante e selvaggio come un pazzo adirato, in sussulti di rabbia agitavi le tue braccia d'avorio, ticchettanti d'amuleti, e digrignavi i denti, ghiaia rimossa dall'onda... . . . mentre la Notte, piovra colossale dalle ventose d'oro, conquistava lenta la spiaggia.

Suoi compagni, laggiù, sono Wianka, il pastore figliuolo di tutti, scoperto in terra, un’alba di Natale, fra le gambe sanguinose d’una vagabonda morta nel darlo alla luce, e allevato nella fattoria con il latte d’una capra; e il carrettiere Fedor, biondo colosso innocente, luminoso negli occhi, nei denti e nell’anima. Wianka è un selvaggio, Fedor un mistico. Entrambi sono analfabeti.

Restava appena una traccia della sua maschia bellezza; la sua fisonomia aveva l'espressione dei momenti peggiori; qualche cosa di sinistro, di selvaggio, di feroce.

E quando gliele avrete date, disse il Selvaggio, ella le stender