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Il re detta le corrispondenze o le fa scrivere dando a svolgere il suo concetto, poi le rilegge e allora vi applica il sigillo reale etiope.

Una cosa però è il romanzo, e un'altra i romanzieri; non dobbiamo confonderli. E non si deve credere che l'organismo di un'opera di arte sia qualcosa di astratto, perchè ha bisogno, per manifestarsi, di particolari incarnazioni nelle particolari opere di questo o di quell'artista. Niente di più reale di questa creduta astrattezza che d

E, trapassando il voto de l'obbedienzia, rade volte è che non trapassi quel della continenzia, o mentalmente o actualmente. che egli ha ordinata la navicella sua legata con questi tre funicelli: con obbedienzia, continenzia e vera povertá. Egli la fece tucta reale, non strignendola ad colpa di peccato mortale.

Alzatosi poscia da quella adorazione, Cristoforo Colombo sguainò la spada, dispiegò lo stendardo reale, e chiamati al suo fianco i comandanti della Pinta e della Nina, mentre facevano ala tutti gli altri ufficiali, recitò la preghiera latina che egli stesso aveva composta in viaggio, per quella circostanza:

«Il re in persona sai, comanda l'esercito nostro, e con lui vi sono tutti i principi, la casa reale, ed i più famigerati de' nostri generali».

Posti in platea: Sedia pel vice-Capitano di Giustizia; Sedia per l’Aiutante reale del Vicerè; Sedia pel primo portiere della R. Segreteria⁷⁷. ⁷⁷ Lettera del 28 luglio 1795. R. Segreteria, n. 5290. Archivio di Stato di Palermo.

Discorriamo d'Oropa. O meglio ancora, avviamoci. È una delle più belle passeggiate, per la strada pittoresca, e perchè la meta, celata nel seno del monte, invoglia a continuare sempre il cammino per iscoprirla. Prima del 1620 non era il caso di dire avviamoci. Oh no! bisognava baciare i cari e la soglia della casa, poi mettersi al pellegrinaggio, per selve, per frane, per stagni, per ciglioni di precipizi. Che parolacce le sono queste? Oggidì, grazie all'abate Bertodani, si passeggia su una strada larga, liscia, ombreggiata, ad ogni tanto facendo sosta al parapetto per contemplare o una cappella, o giù la vallea col mugghiante Oropa, o la vetta su del Mucrone, oppure per cogliere una margheritina e per interrogarla. Purchè si eviti il sabbato, giorno in cui i valligiani salgono a vere processioni, e l'ora in cui passano gli omnibus fragorosi. E va, e va: il santuario si scopre solo all'ultima voltata della strada: apparisce un aggregato immenso e basso di fabbriche diverse, tutto bigio, con una cancellata a lance d'oro, sullo sfondo di un monte arsiccio. Tutti quelli che lo descrissero usarono le cifre, dicendo le misure, la fondazione, gli ampliamenti, e via: io vorrei adoperare la matita, ma non so proprio da dove incominciare, so metter giù le linee da ingegnere o da prospettico. Pazienza! chiudo l'albo e m'abbandono alle impressioni. Il primo cortile ha l'aria animata di un luogo di fiera: la piazza, da cui vedesi il piano del Vercellese e del Novarese, la scalea barocca piena di gente oziosa e sdraiata, la fronte dell'edificio reale colle statue dipinte e gli stemmi d'oro, i porticati dorici, tutto mi piace e mi ricorda qualche cosa di Genova: il secondo cortile colla fontana, la chiesa e i pratelli mi d

Un cicerone mi osservò, mi si avvicinò, come fanno tutti, di sbieco, come un assassino, e mi domandò con aria di mistero: "Quiere Usted algo?" "Vorrei," risposi, "che mi diceste se c'è altro da vedere in questa cattedrale, oltre a quello che si vede di qui!" "Cómo!" esclamò il cicerone, "todavia no ha visto Usted la capilla real?" "Che c'è nella cappella reale?" "Que hay? Caramba!

Vi è una specie di forza tutta negativa, particolare agli spiriti troppo provati dal dolore, la quale consiste, invece che nell'agire sulle circostanze esteriori, come fa la reale energia, nel resistere all'azione di queste medesime circostanze. Una forza di tal genere era quella che la signorina di Charmory aveva spiegata durante il prepararsi del dramma, e che era diventata sforzo doloroso durante il suo colloquio con la contessa. Prevista, affrettata, angosciosamente temuta, scoccava per lei l'ora immancabile in cui la sinistra fatalit

Abarima non aveva ragione di dolersi. Cosma non le aveva parlato mai; restando lontano da lei, non faceva niente d’insolito. E di nessuno poteva essa dolersi, a bordo della caravella; tutti erano in particolar modo riguardosi con lei e col vecchio Tolteomec, riconoscendo in loro due persone di quella famiglia reale dell’isola Spagnuola, da cui tutti avevano avute le più liete accoglienze.