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Sulla nobile scena del Teatro del Cocomero annunziavano esperimenti di lotte, di pugilato i primi Alcidi francesi Manches e Darras. Nei salotti si declamavano le ottave scritte e pubblicate pel matrimonio reale dal poeta aretino Tommaso Sgricci.

Allora non seppe più che cosa fare. Tutta la sua risorsa di ozioso fu di mettersi a curiosare per le strade, fantasticando sulle loro vecchie architetture così belle e così poco celebri per non avere ancora avuto un poeta, che le riveli alla indifferenza del pubblico.

Notate, ella discendeva e parve al povero poeta che quella fanciulla che veniva dall'alto, fosse un raggio di luce rosea e scherzosa, smarrito in quell'imbrunire: egli non fiatò, non si mosse: ella passò, ma portandosi l'anima di un uomo.

Io Il conto mi tornerebbe poco. Mali tempi corrono, Poeta, e la carta e la stampa costano un occhio.

Bisogna però soggiungere che Sergio di Linsac non era iscritto nel bilancio di rendita di madama Augusta Thibault. Ella lo amava di cuore, lo amava dei sensi e la partita saldavasi così. Ma la buona dama non si contentava della diaria un po' magrina del poeta.

I canti del poeta non penetrano nell'anima del primo, perché non trovano la via d'entrarvi. Nell'anima del secondo appena appena discendono accompagnati da paragoni e da raziocini: la fantasia ed il cuore non rispondono loro che come a reminiscenze lontane.

Sapevamo che in questo teatro Emiliani si rappresentavano anche di tanto in tanto tragedie, e non ci siamo voluti privare del piacere di assistere alla recita della più commovente, forse, fra le tragedie italiane, la Francesca da Rimini. Il famoso episodio dantesco non ha ispirato soltanto pittori, ma anche poeti, molti dei quali tentarono portarlo sulle scene, quantunque poco si presti all'effetto drammatico. Byron stesso dice nei suoi diarii di aver pensato a prendere la Francesca da Rimini ad argomento di una tragedia. E' un peccato che non lo abbia fatto, perchè, quando anche non avesse prodotto opera adatta ad essere rappresentata, era tal poeta da scrivere cosa stupenda. La grande semplicit

Ma finora, lasciando parlare il genio benefico, lasciandolo operare contrariamente al Male, il poeta non esprime la sua opinione personale. Il Bene si è venuto purificando: prima consisteva nel piacere, poi nel sapere, da ultimo in un amore diverso da quello dei sensi, nell'amor mistico, nell'amore del sacrifizio, nell'amore secondo il Tolstoi. Ma quando il Bene è così perfetto, quando il poeta si trova dinanzi al Bene massimo ed al Male estremo, egli osserva, come il Tolstoi e il Nietzsche, che le prosperit

I più celebri capitani dell'epoca, quelli che dovevano illustrarsi nel gran secolo di Carlo V, spagnoli, francesi, italiani, tedeschi, il fior fiore dell'aristocrazia, tutti presero parte alla battaglia. Un grande poeta, l'Ariosto, si trovava nel campo del duca di Ferrara, e colui che più tardi doveva essere papa Leone X, allora legato, fu fatto prigioniero.

quello stesso poeta, per rappresentare gli antichi beneficii che le nove Muse recarono un giorno ai mortali, immagina che, discesa dal cielo, la stessa dea Urania gli abbia un giorno cantati al poeta Pindaro. Non sono da sperare stupendi effetti poetici da una tale intonazione mitologica, e però tutto l'Inno, nel tutt'insieme, riesce manierato e freddo. Pure qua e l