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Bisogna ch'io mi sbrighi per tornar dalla padrona, la quale è tanto confusa, che non sa più quel che si faccia. Ma insomma, che cosa significa tutto questo? Oh! signora Emilia, io non so altro se non che il signor Montoni è tornato a casa agitatissimo, e ci ha fatti alzar tutti, dichiarandoci che bisognava partir sull'istante. Il conte Morano viene egli con noi? e dove andiamo? Lo ignoro.

Oh! si rivolse all'altra: c'è stato un momento che credevo di morire. Gli occhi opachi della serva si appannarono di una nuova ombra; si lasciò prendere la mano dalla padrona e con l'altra accarezzò la testa della piccina. Bisogner

Eravamo nella stessa casa in pensione. Il Galli ha sposato la figliuola della nostra padrona che un altro dozzinante, un ufficiale di fanteria.... si era presa.... goduta... e piantata ... lei e la camera. E dopo, non l'ha più visto? Tutte le domeniche al Trenk.

Quel famoso cloralio doveva essere un tocca e sana. Ma! Cambi rimedio. Lo cambierò. Pur che si decida a chiamare un medico ripigliò la Luisa incoraggiata dalla tolleranza della sua padrona. Chiamerò il medico quando mi piacer

SAMIA. Entra presto, Ruffo, e va' da Fulvia in quella camera terrena; perché, su di sopra, è Calandro pecora. SAMIA serva, FESSENIO servo. SAMIA. Ove vai, Fessenio? FESSENIO. Alla padrona. SAMIA. Non puoi ora parlarli. FESSENIO. Perché? SAMIA. È col negromante. FESSENIO. Deh! lassami entrare. SAMIA. In fine, non si può. FESSENIO. Son tutte bubole. SAMIA. Bubole son le tua.

Vuol far troppo il bravo, lei!... E la padrona mentre gli faceva sorbire il brodo, tenendogli un po' la testa sollevata, e soffiando sul cucchiaio pieno, si sfogò in grandi elogi pel dottor Foresti, per la forza, il coraggio della signora Evelina e specialmente sul cavalier Cantasirena, un cavaliere vero, pieno di talento, pieno di cuore, di nobilt

FORCA. Andate in casa, lavate la faccia a Melitea, fatele spogliar le vesti, e scampate per la porta di dietro; ch'io fra tanto vi condurrò il pazzo. PIRINO. Cosí farò: toc, toc. MELITEA. Che dimandate, padron mio caro? PIRINO. Il tesoro della bellezza, la monarchia delle grazie, la dolcissima mia padrona, accioché mi rallegri cosí il cuor con la sua presenza, come gli occhi con la sua bellezza.

Uno andò a chiudere per bene gli usci perchè nessuno stridor di molla o di cardini venisse a sturbar la voce invocata; dietro il banco si cessò di ripulir chicchere e cucchiaini, e la padrona, raggomitolato il grembiale e assicuratolo alla cintura per di dietro, venne a collocarsi nell'uditorio, a rispettosa distanza, s'intende. S'udiva il passo delle mosche che gremivano il soffitto.

Prima di entrarvi si udì il nitrito di Falcone che aveva riconosciuto i passi e la voce della padrona, e la invitava ad entrare, un po’ per affezione, e un poco anche per interesse, perchè essa andava sovente a trovarlo portandogli un pezzetto di pane e dello zucchero.

In quel tempo entrò in casa come governante una giovane donna, fresca, grassoccia, colla volgare bellezza d'una florida salute, colle grossolane attrattive d'una carnosa robustezza, ed in breve fu la padrona. Era la Marianna.