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«Conte Moranodiss'ella finalmente, «calmatevi, ve ne scongiuro, ed ascoltate la ragione, se non la piet

Fu per tai considerazioni ch'era partito improvvisamente da Venezia; e, per motivi opposti, Morano eragli corso dietro attraverso i precipizi dell'Appennino. Allorchè seppe il di lui arrivo, Montoni, persuaso che venisse ad adempire la sua promessa, si affrettò di riceverlo; ma la rabbia, le espressioni ed il contegno di Morano lo disingannarono tosto.

I sospetti della buona ragazza sul conte erano fondatissimi; e Montoni, non dubitandone anch'esso, cominciò a presumere che il veleno mescolato col vino vi fosse stato messo per ordine di Morano.

Nella faccenda della coppa avvelenata, Montoni avea sospettato Morano; ma, non potendo acquistar il grado di prova necessaria alla convinzione del delitto, ebbe ricorso ad altri modi di vendetta. Da una persona fidata fece gettare una lettera d'accusa nella bocca del leone, destinata a ricevere le denunzie segrete contro i cospiratori politici.

D'improvviso esclamò: «È troppo, signor Montoni, voi m'ingannaste, e vi domando soddisfazione. A me, signore? l'avretebalbettò questi. Mi avete ingannatocontinuò Morano, «e volete punire l'innocenza del cattivo successo dei vostri progettiMontoni sorrise sdegnosamente. Emilia, spaventata dalle conseguenze che poteva avere quel diverbio, non potè tacere più a lungo.

Emilia era oppressa dal colpo terribile ricevuto nel mentre appunto rinascevale la speranza in cuore. Si vedeva perduta senza riparo. Incapace di rispondere e quasi di riflettere, si abbandonò sur una sedia, pallida e taciturna; era probabilissimo che in principio Montoni l'avesse venduta a Morano, ma era chiaro che in seguito avesse ritrattata la sua promessa, e la condotta del conte lo provava.

Morano le baciò la mano nonostante tutti i di lei sforzi per ritirarla, le augurò la buona notte colla più tenera espressione, e ritornò allo zendaletto, accompagnato dall'altro. Emilia, nella sua camera, considerò con estrema inquietudine la condotta ingiusta e tirannica di Montoni, la pertinacia impudente di Morano e la propria tristissima situazione, lontana dagli amici e dalla patria.

La fanciulla s'informava spesso del conte Morano. Annetta ne sapeva pochissimo, se non che il chirurgo credeva impossibile la di lui guarigione. Emilia affliggevasi di essere la causa involontaria della sua morte. Annetta, che osservava la di lei commozione, l'interpretava a modo suo. Un giorno, essa le entrò in camera tutta affannosa e piangente. «Per carit

Prima di correre da Montoni, procurò di raccogliere altre notizie, ed a tal uopo, accompagnato da un altro servo, si pose in agguato alla porta del corridoio della camera di Emilia; vi restò indarno, giacchè, poco dopo, sentì giunger Morano, ed essendosi accertato de' suoi progetti, corse ad avvertire il padrone, contribuendo così ad impedire il ratto.

Finalmente tutta la famiglia s'imbarcò, ma Morano, Cavignì si fecero vedere. Questa circostanza rianimò un poco gli spiriti abbattuti di Emilia, la quale somigliava ad un condannato a morte, cui venga accordata una breve dilazione: il suo cuore si alleggerì ancor più, quando ebbero fatto il giro di San Marco senza fermarsi per prendere il conte.