United States or Marshall Islands ? Vote for the TOP Country of the Week !


Il collo grosso e corto aveva un giro di granate con un fermaglio rotondo d'oro, grosso come il dito pollice; e le mani tozze, corte, dalle unghie schiacciate, erano sovraccariche di anelli. Appena vide entrare il signor Lograve, quella donna esclamò: Presto, presto, sor Lorenzo... Venga a casa... Sua moglie sta malissimo. Peggio di quando sono uscito? Assai peggio. È lei che ti manda?

MORFEO. Allegrati, beato te, che tu sei il priore, il monarca di tristi! PANURGO. Per le tue grandezze meritaresti una collana. MORFEO. E tu per le tue virtú una berlina. PANURGO. Ho voluto dir che meriti esser un re. MORFEO. E tu un principe di Cartagine. PANURGO. Con un scettro in mano ben grosso e lungo per governatore e capo di quell'isoletta di legno che sta in mare.

Adesso, signorina, proseguì consultando il proprio orologio, un grosso cronometro d'oro, mi farete il piacere di andare a letto. Verrò a salutarvi nella vostra camera. Ma, dottore.... Niente! vai, o ti porto via in braccio. Ella si alzò con Rosa, salutò tutti: il dottore le diede un bacio sui capelli. Erano le dieci e mezzo, il salotto tornò grave.

Come se' grosso e grasso; lo dicevo io tu' pa' che non avevi voglia di far nulla al mondo.... Eccoti diventato un signore. * Espressione del volgo. Tutti i mestieri danno pane, ma tu, pezzaccio di galera, che hai fatto? Ho sbertito Cacanastri*. * Nel gergo: ucciso. Ci ho gusto davvero; ma dimmi ho sentito di' che sei anche della congiura della fusciacca rossa* eh!

Il grosso podere che aveva dato quasi l'agiatezza alla famiglia, fino che i due fratelli rimanevano uniti, diveniva ora per lui solo un peso esorbitante. Ma egli si ostinava a tenerlo, e nulla angosciava tanto il suo cuore di contadino, quanto il pensiero che il padrone lo mandasse via.

La sera del 21 marzo, fermata una staffetta latrice di dispacci, tradotti questi dal tedesco si rilevò che recavano l'annuncio, essere partito da Verona un grosso convoglio di munizioni per fornirne Brescia e Milano.

Ma ripigliaronsi in pochi le fatiche dell'arme, come vedeansi per lo stretto le nemiche navi a stuoli ritornar da Catona ai vari porti del regno. Era entrato il nove ottobre in Messina con ventidue galee catalane Giacomo Perez, natural figliuolo del re; e altre quindici delle disarmate in quel porto n'avea fatto allestir Piero tra gli stessi primi festeggiamenti. Accozzate in tutto cinquantadue navi da battaglia, diè dunque principio a travagliare il nimico, non ostante la disuguaglianza delle forze; ma pensava esser quello scoraggiato e discorde, i suoi in su la vittoria. ascoltò chi sconsigliava quest'impresa; montò ei medesimo sulle navi catalane; arringò alle ciurme; nel nome di Dio le benedisse promettendo vittoria, e sbarcò. Il undici ottobre, tornando i Catalani dall'inseguire invano un primo stuolo angioino pe' mari di Scilla, avvistatone un altro più grosso verso Reggio, mettono insieme coi Messinesi l'armata; contro vento e corrente vogan robusti sopra gli avversari. A ciò salito in furore re Carlo, facea tutte escir le sue navi al numero di settantadue, ma bene in attrezzi, in uomini; donde sbigottite a quel difilarsi de' nostri destri e bramosi della zuffa, rifuggironsi a terra. Spintesi allor le catalane e siciliane navi fin sotto le fortezze, chiamano a battaglia i nimici; li aizzano con le ingiurie; sfidanli coi tiri delle saette; traendoli fuori con ciò, tornansi bravando a Messina. Tre appresso, salpati da Reggio quarantotto legni, perchè speravan che il vento ripingesse in porto l'armata di Sicilia, essa li investì con tanta virtù sua e scoraggimento degli avversari, che una schiera di quindici galee nostre, trovandosi innanti nella caccia, pur sola diè dentro, e ventidue ne prese tra di Principato, marsigliesi e pisane. Quando di Calabria videro ingaggiare l'inegual conflitto, ch'era presso il tramonto del , non tenendo dubbia la vittoria, con luminarie la festeggiarono; onde molta ansiet

Massimo Bagliani non rispose, non si mosse, ma coll'occhio rimpicciolito, con un tremito nervoso addosso che scoteva tutto il suo grosso corpo d'uomo lento e ipocondriaco, fece capire che non aveva più nulla a dire. Ma non volle stringere la mano che il giovine gli aveva stesa.

Il pranzo si protrasse ancora meno animato; il dottore affettava il silenzio, Lamberto ed il sindaco, disorientati dalle ultime parole di De Nittis, non trovavano più l'accento ordinario della conversazione, mentre la signora Giulia seguitava a rimpinzare Nello sempre in ginocchio sulla sedia, e col tovagliolo annodato al collo, che lo faceva sembrare anche più grosso.

Dopo qualche ora usciamo in un vasto altipiano, e ci andiamo a fermare verso il mezzogiorno all'ombra di un grosso albero, poco lontano dal quale i nostri fucili ci procurarono qualche faraona pel pranzo. Circa tre ore di sosta, poi nuovamente in cammino: incontriamo una carovana che porta dei prigionieri a Massaua: sono quattro che alternativamente camminano a piedi o salgono due camelli: quelli che stanno a camello sono incatenati alle mani ed ai piedi, quelli che camminano ci destano un vero senso d'orrore: un grosso ramo d'albero lungo circa due metri e terminato a forcella racchiude con questa il collo del condannato e ve lo stringe dietro con intreccio di corde: all'altra estremit