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E' nol potrebbe fare altri che Dio che l'ami, se non l'ama. TIMARO. Sa bene egli se l'ama o no. SIRO. Non fosse egli piú vivo! Io l'ho cercato: ch'è piú d'otto giorni che non mi fermo mai, notte, sol per saper di questo; e truovo al fine ch'ella l'ha in odio sopra ogni altra cosa. E questo è la cagion. L'ha sempre amata un Filocrate giovin, qual si dice che se la sposi in breve.

E di qui presi occasion d'entrare ne' fatti tuoi; e, per fartela breve, tanto ho saputo ben dir mal di te che, d'uomo che ci fu giá ritroso, or n'è contento e l'ha rimessa in me. Che faremo ora? FILOCRATE. E che! Va' che n'usciamo. Questo è stato ben fatto: aver disposto la cosa seco. Orsú, madre! Ora è fatta. Porgimi qui la man; ti do mia fede di non mancare; e cosí fa' tu a me.

CALONIDE. È fatta, , ma vo' veder le nozze: ché non vo' star piú in questo struggimento, ché importa troppo; e lo starne sospesa non è sicuro. FILOCRATE. Io sono a le tuoi voglie; altro non bramo. Ma vorrei che anch'ella mi toccasse la mano. CALONIDE. Oh! S'è per questo, anco s'ha da far ben. Dálli la mano. Orsú! A chi dico?

FILOCRATE. Esta fama se a adquirido nuestro muy Santo Padre, en todo el mondo, con muchas pias y buenas obras; la qual durará tanto quanto del tiempo el movimento.

FILOCRATE. Prego che mi dica la cagion del tuo indugio perché dentro giá 'ncominciava a sentir tanto sdegno che forse anco avrei preso de' partiti. Non vo' dire altro. FRONESIA. Odi. Costui vaneggia. Oh! Va', ché tu m'hai pien del tuo cervello. Parla con l'aere. FILOCRATE. Tu non mi rispondi, Lúcia? A chi dico? E' non sta però bene far tanto strazio di chi sai che t'ama piú che la vita propria.

Guarda come riluce! T'ho aspettato qui, giá tre ore. Io non credo che pensi a me, se non a caso; e, per quai merti, o qual mio fallo, mi sei crudele? Ci debbe esser di nuovo qualche amante che ti de' tôr di mente la mia fede, l'amor, la servitú che tanto tempo hai visto in me. FRONESIA. Chi sento giú? È Filocrate. Ma con chi parla?

FILENO. Eh! va': l'hai per costume questo voler morire. E poi per chi? Una fraschetta, che, chi la strizzasse tutta, non n'usciria tanto di buono che te n'ungessi un'unghia. Filocrate viene a parlare a Calonide; e riman seco di sposar Lúcia di corto. CALONIDE madre, FILOCRATE giovane, LÚCIA figliuola, GIRIFALCO. CALONIDE. Chi è giú? FILOCRATE. Io sono. Aprite. CALONIDE. Aspettami, figliuolo.

LÚCIA. Che cosa? FILOCRATE. Quanto ha detto, qui, tua madre. LÚCIA. Ha detto cose assai. FILOCRATE. Non ti ricordi? Che tu ami tanto me quant'amo io te. Ma non lo credo. LÚCIA. Tu non sei cristiano, se tu credi poco. E perché questo non creder, ? FILOCRATE. Perché vedrei gli effetti, se cosí fosse. Or che rispondi a questo? Non ti fare insegnar.

FILOCRATE. Fatevi qui da canto, appresso al muro, ché non diam sospetto a chi passa; e guardate bene intorno, se vedeste qualcosa; e fate solo quel ch'io farei per voi. COMPAGNI. ; va' pur via. Non ho paura ch'abbiamo istasera a insanguinar le spade. Anzi, son certo che potrem far l'amore a la sicura, qui, con questi pilastri. FRONESIA. Hai gente teco? FILOCRATE. ben.

Stelle crudeli, e che vo' far di questa mia vita? State un poco. Aimei! Son morto. Non mi menate via. COMPAGNI. Vien: non gridare. Piglial di . ! Ben. Con manco strepito che si può. Zitto! FILOCRATE. Taci, taci, taci! Leva, leva! Ognun corra ai malandrini. M'avete assassinato. Ah traditori! E dove mi portate? Lascia qui. Non è la tua. Non mi legate stretto, ché non voglio fuggire.