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Io ti credea trovar la` giu` di sotto dove tempo per tempo si ristora>>. Ond'elli a me: <<Si` tosto m'ha condotto a ber lo dolce assenzo d'i martiri la Nella mia con suo pianger dirotto. Con suoi prieghi devoti e con sospiri tratto m'ha de la costa ove s'aspetta, e liberato m'ha de li altri giri.

La morte a miei seguaci è un'esca dolce e di Natura for del fango i purga, ed è cagion ch'un'alma d'ombra surga ne l'alta luce, di che 'l mondo folce. «Qual è chi viva e non vedrá la morte?», David cantava lieto ne la cetra, bramoso il gentil spirto d'esta tetra prigion uscir a la celeste corte.

Si pensava questo asino che se non mangiava in casa sua che mi morissi di fame: vo' che mi preghi. Será piú quello che butterò questa sera, che quanto egli ha mangiato un anno in casa sua. Avisarò Lampridio e Sennia di questo inganno che voglion fare, acciò quando verranno gli diamo la baia. TEODOSIO vecchio, EUGENIO suo figlio. TEODOSIO. O patria dolce, o case tanto desiderate di rivedervi!

DOTTORE. Figlia, giá son certificato da tutti e son vinto da tutti i segni, e finalmente mi chiamo vinto dalla di tutte cose vincitrice natura, per tirarmi nel core una insopportabile alle- grezza. Figlia dolcissima, lascia che ti abbracci e baci, e non trattenermi un cosí dolce contento.

Signor conte, disse il vecchio Guerri, poichè Gino ebbe bevuto, rammenti che questa casa è sempre sua, come fu per questi tre mesi. Perdoni! soggiunse; avrei dovuto dire tre giorni. Grazie! rispose Gino. Lo so. Dolce casa delle Vaie, dove ho trovata la pace.... la cara pace che gli uomini intendono così tardi, nella vita, e che io, felice su tutti, ho gustata così prima del tempo!

Cosí morendo per le sue mani, mi saranno le piaghe care e fortunate; morrò felice e con quella morte mi involerò dalla morte. Però ti prego non invidiarmi cosí dolce e felice morire!

tal che 'l splendor, che dite uscir tra noi di me, è propria vostra qualitade, concessavi da l'alta e gran bontade, per sembianza de i chiari raggi suoi. Dove scorger si puote un dolce inganno veggendovi in me vaga di voi stessa, v'accorgete ch'io v'appago a punto Che se mi vi toglieste allora il danno mortal mio vedreste, e fora espressa la colpa vostra, send'io a morte giunto.

Ma perche' l'occhio cupido e vagante a me rivolse, quel feroce drudo la flagello` dal capo infin le piante; poi, di sospetto pieno e d'ira crudo, disciolse il mostro, e trassel per la selva, tanto che sol di lei mi fece scudo a la puttana e a la nova belva. Purgatorio: Canto XXXIII 'Deus, venerunt gentes', alternando or tre or quattro dolce salmodia, le donne incominciaro, e lagrimando;

Con tucte le membra si uní questa natura divina, cioè con la potenzia mia, con la sapienzia del mio Figliuolo e con la clemenzia dello Spirito sancto, tucto me, Dio, abisso di Trinitá, conformato e unito con la natura vostra umana. Doppo questa unione fece l'altra il dolce e amoroso Verbo, correndo come inamorato a l'obrobriosa morte della croce. Ine si distese.

Me ne rimorde un po' ancora il cuore: ella aveva messo a letto i suoi piccini e si preparava in abito molto notturno a seguirli, dolce, placida, indifesa e per nulla presaga dell'avvenire di quella strana notte. Quando mi vide scavalcare la finestra a piano terreno mandò un grido... Di paura o di piacere? Chi se ne ricorda più? Ricordo che rimase immobile, paralizzata.