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Questo parbe che volesse dire Pavolo, dicendo: «Occhio non può vedere, orecchia udire, cuore pensare quanto è il dilecto e 'l bene che riceve, e ne l'ultimo è apparecchiato a quelli che in veritá m'amano». Oh quanto è dolce la mansione, dolce sopra ogni dolcezza, con perfecta unione che l'anima ha facta in me, che non ci è in mezzo la volontá de l'anima medesima, perché ella è facta una cosa con meco!

Convienvi dunque, a volere andare, avere sete; però che solo coloro che hanno sete sonno invitati, dicendo: «Chi ha sete venga a me, e beia». Chi non ha sete non persevera ne l'andare: però che o egli si ristá per fadiga, o egli si ristá per dilecto, non si cura di portare el vaso con che egli possa actègnare. non si cura d'avere la compagnia; e solo non può andare.

Ma a loro adiviene come de l'uomo che è in uno giardino: che in esso giardino, perché v'ha dilecto, si riposa con la sua operazione. Parli riposare ne l'operazione, ed egli si riposa nel dilecto che egli ha preso nel giardino. E a questo se n'avede che egli è la veritá che egli si dilecta piú nel giardino che ne l'operazione: però che, toltoli el giardino, si sente privato del dilecto.

Mira quanta è l'ignoranzia e ciechitá dell'uomo, che, essendoli facta la via, vuole tenere per l'acqua. La quale via è di tanto dilecto a coloro che vanno per essa, che ogni amaritudine lo' diventa dolce e ogni grande peso lo' diventa leggero.

E tanto quanto piú ama quella cosa che egli ha, tanto meno vede e si a cognoscere con prudenzia unde ella viene, per lo dilecto che ha preso in essa consolazione; però che l'allegrezza nel ricevere la cosa che ama non gli li lassa vedere, si cura di discernerla.

E però va per la via della bugia, credendovi trovare dilecto, e egli vi truova pena e amaritudine. Chi vel guida? L'amore, che egli ha, per la propria passione, al disobbedire. Questi, come stolto, vuole navicare in questo mare tempestoso sopra le braccia sue, fidandosi nel suo misero sapere; e non vuole navigare sopra le braccia de l'ordine e del prelato suo.

Questo non fo perché ella ignorantemente riceva la consolazione, cioè che ella raguardi piú el presente della consolazione che è data da me che me, ma perché ella raguardi piú l'affecto della mia caritá con che Io lel do e la indegnitá sua che riceve, che el dilecto della propria consolazione.

Perché gli pare? perché l'anima corre dietro a l'amore della propria sensualitá; ma, perché non vede, è ingannato dal suono, e, perché gli andò dietro con disordinato dilecto, truovasi condocto nella fossa, legato col legame della colpa, menato nelle mani de' nemici suoi, però che, come aciecato dal proprio amore e confidanza che hanno posta a loro medesimi e al loro proprio sapere, non s'attengono a me, che so' guida e via loro.

Perché 'l dimonio in quello che vede la mente disposta a ricevere e desiderare, in quello gli . E se essa anima non si leva con la vera umilitá, spregiando ogni dilecto, rimane presa con questo lamo nelle mani del dimonio.

E chi el dimandasse: Perché senti questa pena? rispondarebbe: Perché mi pare avere perduta la pace e la quiete della mente, e molte cose, di quelle che io solevo fare, ho lassate, e credone offendere Dio. Ed egli non è cosí; ma perché 'l suo vedere è posto nel proprio dilecto, però non sa discernere cognoscere in veritá dove sta la sua offesa.