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NEPITA. Parla presto, non mi far stare piú sospesa, non mi far consumare. ESSANDRO. Prestami l'orecchia. NEPITA. Eccole tutt'e due, te siano donate. ESSANDRO. Tu pensi ch'io sia femina, e io son maschio. NEPITA. E può esser questo vero? ESSANDRO. Come ascolti, e si può toccar la veritá con la mano. NEPITA. Come non m'hai fatto prima toccar con la mano questa veritá?

Per la prima volta, non osavo lasciar Lidia sola di fronte a un uomo. A pranzo, ella mangiò con molto appetito, senza accorgersi ch'io toccava appena le vivande e preferivo il vino al cibo. Ero troppo solo, nel mondo, circondato da insidie e da cause non mai stanche di dolore; non avevo amici e mia moglie era un'estranea che poteva diventare una nemica.

si` che 'l tuo cor, quantunque puo`, giocondo s'appresenti a la turba triunfante che lieta vien per questo etera tondo>>. Col viso ritornai per tutte quante le sette spere, e vidi questo globo tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante; e quel consiglio per migliore approbo che l'ha per meno; e chi ad altro pensa chiamar si puote veramente probo.

e sotto l'ombra de le sacre penne governo` 'l mondo li` di mano in mano, e, si` cangiando, in su la mia pervenne. Cesare fui e son Iustiniano, che, per voler del primo amor ch'i' sento, d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano. E prima ch'io a l'ovra fossi attento, una natura in Cristo esser, non piue, credea, e di tal fede era contento;

Vi priego che non l'aviate per male, ché l'amore ch'io vi porto mel fa dire e la pace ch'io vorrei vedere in casa vostra. CURZIO. Credolo. Ma vattene innanzi e fa' oprire. RUFINO. Signor . CURZIO. Certo, gran sorte è stata la mia a trovar, in tanto bisogno, questi denari. RUFINO. Tic, tic. Costui deve essere in cantina. CURZIO. Non ci deve essere in casa, neh vero? RUFINO. Io non vel so dire.

Ohè! che cos'è questo ch'io sento? diceva intanto il Picchiasodo a Tommaso Sangonetto. Ma tu tremi a verga, furfante!

Oh, digli che parta! urlò terribilmente, o ch'io non mi trattengo più, e lo schiaccio come un verme. Emilio s'avviò lentamente; quando fu sulla soglia si volse: A domani! disse, e partì.

Al sabato vi fu, fra Lograve e il servo Battista, un segreto, importante colloquio. Caro mio, cominciò il primo, è venuto il momento in cui io posso, e sta in te ch'io voglia, mantenere le mie promesse, ed effettuare i tuoi più cari desiderî. Come sarebbe a dire? domandò Battista coll'aria diplomatica d'uomo che si dispone a difendere con pertinacia e senza discrezione i suoi interessi.

Per te poeta fui, per te cristiano: ma perche' veggi mei cio` ch'io disegno, a colorare stendero` la mano: Gia` era 'l mondo tutto quanto pregno de la vera credenza, seminata per li messaggi de l'etterno regno; e la parola tua sopra toccata si consonava a' nuovi predicanti; ond'io a visitarli presi usata.

Poco dopo entrando in cucina fui assai sorpreso di trovare Aminta in vivace colloquio con Mansueta. M'accorsi ch'io non dovevo essere del tutto estraneo ai loro discorsi, perchè entrambi si volsero con premura verso di me. Ho bisogno di parlarvi, disse Aminta. Oh bravo, soggiunse Mansueta, gli dia lei un buon consiglio a questo povero ragazzo.