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Ru. Voi saper dov'io tegno: il mio pensiero Et in cui penso e spero: hora me ascolta Sappi la mente ho volta: non in femine Ma in parti, in campi, in semine, e in raccogliere Varii frutti che togliere la fame Sogliono e impir le brame, a' corpi humani Ma sian da noi lontani: e prati e campi Tu mi dici che avampi: pel mio volto E un altro, è per te stolto: anchor m'hai detto Guarda che belli diletto, o ben confassi Che fuggi gli suoi passi: & io i tuoi fuggo Ma mai sotto il tuo giuggo: non me tiri Dimmi perché, i martyri: e gli suoi pianti Non movon tuoi sembianti: ad aiutarlo.

Il cocchiere seguitava a far trottare il cavallo, pigramente: la carrozza andava, andava, lontano, punto nero sopra la via giallastra; e Adele, obbliata, era presa da una voglia irresistibile di piangere. Allora, quando non ne poteva più, si voltava a Paolo, lo guardava coi suoi belli occhi grandi, sorpresi e un po' supplici. Egli la guardava, ma non aveva l'aria di vederla.

La signora Laura vi diede mano, dicendo in tono d'amabile rimprovero: Ma bisognava ripulirli e legarli.... Non si offrono i fiori a questo modo.... Lasci, lasci!... Sono anzi più belli!

Non le erano mai parsi tanto belli. Dio! Dio! Che dolore!... Anche i suoi gioielli le erano cari, cari, cari... come la sua casa, come tutto! Che strazio doversene dividere! Dio! Dio! Com'era infelice! Che cosa doveva fare? Che cosa poteva fare? E pensando, pensando e sospirando alzò il capo, e si vide riflessa nel grande specchio che le stava dinanzi e che teneva tutta una parete, fino a terra.

Essi avevano innanzi a imbandita una piccola mensa ben provvista di pane, frutti e vino; i ragazzi, tutti belli e pieni di salute, godevano intorno alla tavola della refezione che lor veniva distribuita con indicibile affetto dai genitori.

LECCARDO. L'argento mi comanda. DON FLAMINIO. Togli quest'oro. LECCARDO. L'oro mi sforza. Oh come son belli e lampanti! par che buttino fuoco: fanno bel suono e bel vedere. DON FLAMINIO. Sai che ho degli altri, che posso sodisfare alla tua ingordigia; e tu potrai taglieggiarmi a tuo modo. LECCARDO. Vorrei tornarteli, ma non posso distaccarmegli dalle mani.

"No, davvero!" rispose sollecitamente Alice, e mutando argomento, soggiunse. "Dica, le piacciono forse le piacciono i i cani?" Il Sorcio non rispose, e Alice seguitò così. "Vicino a casa nostra, c'è un bellissimo cagnolino, se lo vedesse! È un canbassetto con certi belli occhi luccicanti, e col pelo cenerino, arricciato e lungo! Ei busca, benissimo le cose che gli si gittano, e siede sulle zampine di dietro per pitoccare il suo desinaruccio, e fa tante altre belle cosettine non potrei neppure rammentarne la met

(friggendo di contentezza, ricava il fiasco e ribeve a lungo, poi:) Forza a la machina, ca a bon puntu semu! Cci attizzai un focu di carbuni scattialoru, ca si nni sta jennu tuttu faiddi faiddi! L'abbivìru iu, 'sti buttuneddi di rosa; ma cu chistu.... cu chistu. (fa cenno di annaffiare col fiasco dell'aceto) Ca chi pi daveru hannu a sbucciari belli e odurusi e hannu a 'mbriacari a 'ss'omini ca mi lassaru 'mpassulunìri 'mmezzu li spini! (al fiasco) Tu si' la me' forza! (lo bacia) E tu cci ha' pinsari a nun farli chiumpìri! (appressandosi all'uscio di sinistra) Giuf

Questi erano i belli ragionari di quella gente. Don Giovanni Ussorio, presente sempre, aveva delle arie padronali; ogni tanto si avvicinava a Violetta e le mormorava qualche cosa nell’orecchio, con familiarit

Ai tempi miei, i giovani non facevan mica tante moine par piacere alle belle giovinette. Ed ò anche visto, quando ero in Russia, dei belli e forti garzoni mettersi a subbisso per acchiappare un sorriso della vecchia Tzarina. È vero che noi eravamo allevati allora dai gesuiti, e che oggi sono dei pedanti che vi abbrutiscono in ciò che addimandasi un liceo, un collegio, un'accademia, un'universit