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«Quale è il vostro nome, bel Cavaliereinterruppe Carlo. «Giordano dei Marchesi di Lancia.» «Ebbene, bel Marchese di Lancia, tornate presto, e riferite al Soldano di Lucera, che noi non vogliamo con lui tregua pace, e che noi tra poche ore metteremo lui nell'Inferno, od egli metter

Vi esorto, disse, quanti siete qui a prender l'armi di subito, ed a montare a cavallo. Fuori di porta a Modena ci si prepara al certo qualche bel fatto. Codesto monsignore di Lescuns, non volendo esser molto dissimile da quel tristo di suo fratello, mentre se ne sta confabulando col Guicciardini, avrebbe presto il modo per coglierci tutti all'impensata. Fuori un miglio dalla citt

Tale cosa era avvenuta, da un bel pezzo, nel teatro; lo Shakespeare aveva praticato quel metodo in modo supremo. Si trattava in fine di metterlo in pratica anche nel romanzo. Non era facile. Occorreva un genio per lo meno uguale a quello del gran tragico inglese, istintivo, incosciente come lui; e la Natura non si era trovata, chi sa perchè, in caso di crearlo.

Io dico ch'io non ho altro male che di Lelia mia, delicata, inzuccarata. SPELA. Io so che voi avete la febbre e state molto male. GHERARDO. A che te ne accorgi tu? SPELA. A che? Non vi accorgete che voi sète fuor di gangari, farneticate, affannate e non sapete che vi dire? GHERARDO. Gli è Amor che vuol cosí, non è vero, Clemenzia? Omnia vincit Amor. SPELA. Ohu! Che bel detto da napoletani!

Onde, stimando certo che voi siate il vignarolo, accetterá la offerta; e in presenzia di tutti faremo che giuri; e giurato, potrete dire che sará piú convenevole dar Artemisia ad Eugenio e Sulpicia a Lelio, ché a vecchi decrepiti non convengono mogli di sedici anni. GUGLIELMO. Oh bel pensiero, veramente molto sottile e astuto!

Sbarrati gli occhi, come per guardar meglio davanti a , vide dall'immagine riflessa di quelle mobili spire formarsi alcun che di nuovo, indi balzar fuori d'un colpo, a guisa di pantomimo da un quadro mobile, quel famoso personaggio dal viso sarcastico e dalla svelta persona, che si dipinge vestito di rosso dal capo alle piante e con una berretta sormontata da una penna di gallo; insomma «un giovine gentiluomo» come quello veduto dal dottor Fausto di Goethe, o «un bel cavaliero» come quello veduto dal suo omonimo di Gounod.

Sono in casa mia come lei. Lavoro di più perchè son forte e sana, grazie a Dio; mentre lei ch'è pochina pochina, s'ammala per nulla... Un bel comodo ammalarsi quando si vuole! Ferita da questa ironia la moglie di Sandro tacque un istante e trangugiò alcune cucchiaiate di minestra, ciò che le permise di stare un poco voltata nascondendo la faccia.

E stava per uscire, quando il Rosso gli si fece accosto, per soffiargli nell'orecchio queste agre parole, che furono per lui come una stilettata: Caro don Aquilino, non faccia il dispettoso; abbia giudizio! c'è un tal abate Pasquale che invidia il suo posto; è un bel boccone, e vale una prebenda.

«Qui nous délivrera des Grecs et des RomainsUn bel verso, non c'è che dire, ed una bella scappata di malumore. Ma chi ci liberer

E certo doveva essergli di bel vanto l’avere ad amico un sublime intelletto, che Cino appellava diletto fratello e signor d’ogni rima; e cui per la morte della sua Beatrice dedicò un’affettuosa canzone. Gi