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Se il Cresti apparteneva alla schiera di coloro che diffidano degli uomini, questo signor Massimo, che stava per arrivare, apparteneva a quella non meno numerosa di coloro che diffidano di stessi, cioè ai malati di troppa riflessione.

La principessa guardò la tavola apparecchiata per diciotto persone; e, fra tre quarti d'ora, gl'invitati doveano arrivare. Ella avea tutto dimenticato, e non si era ancora abbigliata.

E la conclusione? La conclusione è questa: che prima ti ho fatto ridere, poi ti ho fatto dire il tuo secreto, e poi ti ho fatto un discorso, e che tutto ciò merita in ricambio il favore che ti richiedo. Guarda, fra l'altre cose aspetto una lettera importantissima, la quale può decidere della mia sorte. Ah briccone! Le hai scritto? No. Una lettera di mia sorella. E deve arrivare? Verso le tre.

Al momento di salire in un omnibus d'hôtel gli dissero che un treno di piacere partiva immediatamente per Napoli. Si poteva dunque arrivare quattro ore prima. Tornò precipitosamente nella stazione, saltò nel treno che era pieno di preti e di escursionisti, e quando la Villari riceveva il suo telegramma, egli gi

Macchiavelli ammesso nella brigata dotta ed aristocratica degli Orti Oricellarii, rimasta poi celebre nella storia, vi contrasse illustri amicizie che gli permisero di arrivare fino a casa Medici.

Non era anche troppo ch'ella mi avesse permesso di continuare ad amarla e di ripeterglielo quante volte mi fosse piaciuto? Può arrivare un giorno, un momento!.... Non significava: Sperate?

Diana lo ascoltava appena, di null'altro desiderosa che di arrivare a casa, e, poichè la strada era breve, ci arrivò prima che il suo interlocutore avesse oltrepassato la guerra di Troia. Ma nemmeno a casa ebbe pace. Quanto più ci pensava tanto più le pareva grave, irreparabile la sventura che aveva colpito i Bardelli.

Cozzano insieme le sfere volanti delle voci e i triangoli dei gridi fra le geometrie ubriache dei tetti che si sfasciano dalla gioia. Un uomo cinquantenne dal viso rossastro, baffuto mi abbraccia per forza spiaccicandomi sulla bocca un bacio che non riesco a scansare. Dice con voce rotta: Ero alla finestra... quando ad un tratto ho visto arrivare la sua macchina sulla strada.

E come no? rispondeva il marchese, cugino del duca, ho lasciato a casa mia moglie in gravissimo stato.... Da un momento all'altro può arrivare qui un messo ad anunziarmi che ho avuto un figlio, o pure.... Essa soffre tanto.... Ci voleva proprio questo ritorno improvviso di mio cugino perchè la lasciassi, anche per poco.... Il marchese era veramente concitato.

Il conte Gino, per altro, non fu molto contento del suo soliloquio. E perchè, Dio buono, se lo aveva fatto egli? L'uomo è di sua natura egoista. Si può senza troppo sforzo di educazione arrivare al punto di non desiderare la casa e la fortuna del prossimo; ma nessuna educazione può condurci a vedere di buon occhio che altri s'impadronisca e goda il pacifico possesso d'un fior di bellezza che abbiamo osservato ed ammirato noi. Noi, capite? Noi persona prima del singolare, quantunque i grammatici, buona gente, l'abbiano assegnata al plurale. L'ammirazione nostra è una specie d'ipoteca che prendiamo sulla cosa che ci ha colpiti e che farebbe tanto bene ad appartenerci. Ora, per un sentimento di questa natura, il conte Gino era triste? Lo sospetto fortemente, ricordando che nella chiusa del suo monologo egli fece una spallata, come se volesse con quella scacciar l'uomo «non troppo zotico e materiale», a cui in una spensierata liberalit