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I lunghi rami degli abeti e delle magnolie e il prato verde formavano come un quadretto attorno ai cancelli di ferro; ma il quadretto era vuoto: Nora non si vedeva. Era stanco, sfinito, eppure avrebbe adoperata la poca forza che gli rimaneva per strozzar qualcuno. Come erano uggiosi quei giardini!

Solo, in quella solitudine, con que' due cadaveri davanti agli occhi, si sentì stringere il cuore, e pensò alla sua mamma; ma il freddo incalzava, e non c'era tempo da riflettere; lasciò il cane a guardia dei cadaveri, vide in distanza degli abeti, vi andò correndo, ne strappò dei rami, e fece una specie di slitta, dove adagiò i due cadaveri, e discese la montagna trascinandoseli dietro con una corda; il sentiero era sdrucciolevole, avea le mani intirizzite, si sentiva mancare; ma era coraggioso e volea resistere fino alla fine.

E quanto su contempla e giú, sortisca in grazia tal, che lo 'ntelletto pigli non men de l'occhio, e par a lui salisca. Orsi, tigri, leon, lepre, conigli, pantere, volpi, orche, ceti, delfini, aquile, strucci, nottole, smerigli, non sia de voi chi umile non s'inchini a l'assennata forma, ovunque scorre tra voi platani, abeti, faggi e pini.

Viaggiarono alcune ore in profonda solitudine; verso sera s'ingolfarono fra precipizi ombreggiati da cipressi, pini ed abeti; era un deserto così aspro e selvaggio, che se la malinconia avesse dovuto scegliersi un asilo, quello sarebbe stato il suo favorito soggiorno.

All'unica cameretta il solitario ne aveva aggiunta un'altra, lavorando a quest'uopo un inverno intero; prima per abbattere gli abeti e poi per tagliarli e piallarli rozzamente, tanto che potessero connessi insieme formare le tre pareti che occorrevano al nuovo edificio.

Nelle valli di Fenestrelle stagnava un morto nebbione: i torrenti scrosciavano colle note basse della loro più tetra solitudine, direcciando dai picchi squallidissimi, o tra le rupi invetrate di gelo rotando colla schiuma cinericcia: pendevano secchi e scarmigliati dai ciglioni a squarci gli arbusti selvatici: gli abeti davano le loro tinte fosche a quell'immenso cimitero della natura: cadevano foglie e cortecce e rami e poveri uccelli migranti che non vedevano più cielo: il cielo era una caligine sola e le montagne, che v'immergevano le cime, mostravano le loro ossature di macigni profilate di nevi, disegnandosi come bigi carcami raccosciati o caduti.

Egli si protese a terra, ficcò gli occhi nella tenebra, e scorse tra il nero degli abeti una striscia più chiara che montava, montava, si perdeva: era una stradetta. Dio sa per dove! Ugo nulla conosceva. Concentrò tutta l'anima nel senso dell'orecchio: capì che due uomini armati venivano su parlando tra loro.

La villa sola, con tutte le finestre chiuse, s'innalzava più tetra, fra le macchie cupe degli abeti e le macchie giallognole degli ippocastani: l'acqua cadeva dalle gronde, crepitava sul selciato con un mormorio monotono, lugubre. Qualche notizia dei fatti di Primarole era arrivata confusamente anche alla villa. Pietro Laner ne era rimasto colpito, ne era agitatissimo.

Aspettami ai Giardini, vicino al Museo. Omai bisogna spiegarsi. E borbottò ancora nell'andarsene stizzosamente: Tant'è, oggi o domani, bisogna spiegarsi! Spiegarsi? pensava Pietro, girando attorno al gran fontanone asciutto dinanzi al Museo, e voltandosi ogni tratto sperando di veder la Nora entrare dai cancelli che apparivano tra i rami degli abeti, in fondo al prato verdissimo.

Oh, portami lassù!... Ch’io possa amarti In faccia a l’acri montanine brezze, Fra i ciclami e gli abeti, e inebbriarti Di sorrisi d’aurora e di carezze!... Qui grigia nebbia sul mio cor ristagna; Nelle risaie muor la poesia; Voglio amarti lassù, de la montagna Nel silenzio immortal.... portami via!...