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Prima di partire, desidero di saldare quel conticino. Pietro Fabrizio Non ce n’è bisogno, don Pietro.... Margherita Fabrizio Grazie, signorina. Pietro Fabrizio , ma non perdiamo tempo. Pietro Eh, che volete! Margherita Pietro Vedete, non ho vergogna di dirvelo: senza di voi, oggi, io e lei avremmo passata la giornata così... a bocca asciutta. Margherita Fabrizio

a l’uomo non facesse alcuna guerra, questo monte salìo verso ’l ciel tanto, e libero n’è d’indi ove si serra. Or perché in circuito tutto quanto l’aere si volge con la prima volta, se non li è rotto il cerchio d’alcun canto, in questa altezza ch’è tutta disciolta ne l’aere vivo, tal moto percuote, e fa sonar la selva perch’ è folta;

O Bretinoro, ché non fuggi via, poi che gita se n’è la tua famiglia e molta gente per non esser ria? Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia; e mal fa Castrocaro, e peggio Conio, che di figliar tai conti più s’impiglia. Ben faranno i Pagan, da che ’l demonio lor sen gir

Venitevene qua anche voi, signorina Beatrice. Lasciate che il nonno perda tranquillamente quest’altra partita. Brambini E voi possiate perdere la lingua! Beatrice , maestro, ora me ne vengo da voi per non cadere in contravvenzione. Brambini Oh! si respira!... Bartolomeo Parliamo un po’ di cose gravi. Beatrice Cose gravi non ce n’è. Bartolomeo Uhm! Beatrice Quale? Bartolomeo Beatrice Bartolomeo

Per molti anni La Bravetta diede al popolo pescarese questo giocondo segnale cotidiano; e la fama delle sue meravigliose starnutazioni si sparse per il contado in torno e per le terre finitime. Ancora tra il buon volgo la memoria n’è viva e fermata in un proverbio, durer

Nei giuochi siciliani ve n’è uno, solito a farsi specialmente di sera, nel quale una frotta di fanciulli raffiguranti ladri si appiatta in un dato posto; un’altra, di birri, va in cerca di quella per catturarla. Vedendosi scoperti, i ladri si danno a precipitosa fuga; e i birri ad inseguirli fino alla sbarra, o meta, che in una delle molte varianti del giuoco si chiama chiesa.

non mi lasciar», diss’ io, «così disfatto; e se ’l passar più oltre ci è negato, ritroviam l’orme nostre insieme ratto». E quel segnor che m’avea menato, mi disse: «Non temer; ché ’l nostro passo non ci può tòrre alcun: da tal n’è dato. Ma qui m’attendi, e lo spirito lasso conforta e ciba di speranza buona, ch’i’ non ti lascerò nel mondo basso».

Di romanzi originali siciliani neppur uno ce n’è giunto: e forse non ve n’ebbero; o, se mai, furono manifestazioni sporadiche, non riuscite a farsi strada oltre lo scorcio del secolo, come l’invisibile Romanzino utile e piacevole di quel Francesco Carelli, che fu anima venduta del Governo.

Tuttavia, nei tanti anni dacchè mi aggiro per le montagne qualche embrione di tradizione o di leggenda mi venne fatto di trovarla: leggende e tradizioni inedite, ben inteso, perchè delle altre ce n’è a migliaia, ma oramai neanche a raccoglierle dalla fonte popolare non si trovano sincere e per tondarle e mondarle occorrerebbe un lunghissimo studio comparativo.

Tra le altre disposizioni, ve n’è una che permette ai chiodaiuoli di piantare le loro tende e fucine solo nella Piazza Marina, rimpetto alla Vicaria, nella piazzetta della Chiesa di S. Sebastiano, e sotto gli archi di S. Giuseppe dei Teatini, nell’attuale via Giuseppe D’Alesi.