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pregoti per l'ardor che sì m'addoglia, ne voli in quella amena e cruda valle ov'è chi sol può darmi e morte e vita; e cantando gli di' che cangi voglia, volgendo a Roma 'l viso, e a lei le spalle, se vuol l'alma trovar col corpo unita. XLV. Allo stesso Ove son quelle luci alte e divine in cui dolce si vive e insieme more? ov'è la bianca man, che lo mio core stringendo punse con acute spine?
De l'umano passaggio i dì son corti; Solo n'eterna, e ne mantien virtute; Vivete lieti, e ne i maggior conforti Me rammentate, onde vi vien salute. Sultana a quel parlar sembianti smorti, Occhi avea tenebrosi, e labbra mute, Venuta a men nel duol che la trafisse, Allora Irene in ver Sangario disse: XLV
3. Il frammento Barberiniano-Vaticano XLV, 101 (ant. 1729), di sole 4 carte, aggiunte al Commento latino di Pietro di Dante. È anche esso del 300. Lo pubblicò il Crocioni nel Bullettino della Societ
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