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Anche fra i prelati pontificj della Sacra Consulta ve ne furono cinque che credettero Monti e Tognetti immeritevoli di morte; eppure essi furono condannati alla ghigliottina! Il presidente proclamò il risultato della votazione, esclamando trionfalmente: La pena di morte è pronunziata! Il cancelliere stese la sentenza. Poi il presidente suonò il campanello.

In Marzo giorno 6 ha luogo la votazione di ballottaggio a Serradifalco, preceduta da brogli, da pressioni, da vergogne inaudite da parte dei funzionarii del governo, che volevano imporre, e riuscirono ad imporre, un candidato prediletto all'on. Giolitti, il Riolo. Il popolo protesta contro le sfacciate adulterazioni della volont

Tutti gli portavano le notizie delle elezioni. Dal seggio non si moveva Fabio; egli sorvegliava la votazione, contava i votanti, sapeva, aiutato dagli amici, chi votava per il candidato governativo e chi per don Pio, per modo che poteva a un di presso fargli il bollettino dei voti ora per ora.

Il 29 maggio furono chiusi, esaurita la votazione, i registri. Come se ad ogni trionfo dei moderati dovesse corrispondere una sciagura nazionale, il fiore della gioventù toscana cadeva in quel giorno, sagrificato, per inscienza di guerra o peggio , sui ridutti di Montanara e di Curtatone.

Il silenzio era imponente e si sarebbe udita una mosca a volare e due farfalle a fare all'amore... Finalmente si conobbe l'esito della votazione; il progetto della Giunta era stato accettato con due soli voti di maggioranza; e il risultato fu accolto con grida, con applausi, con l'entusiasmo d'ambo le parti.

Anch'egli aveva comperato un numero del giornale e alla fioca luce del crepuscolo vi aveva letto il resoconto della seduta, scorrendo rapidamente il sunto abbastanza esatto del suo discorso, e soffermandosi in particolar modo sugli incidenti successi poi: l'impazienza febbrile della Camera; le poche, incisive, efficacissime parole di San Giustino: le confuse dichiarazioni balbettate dal Presidente del Consiglio, Crugnoli, le grida di basta, basta, ai voti; la votazione nominale infine, che nonostante una cinquantina di astensioni, aveva dato una maggioranza schiacciante contro il Gabinetto, e l'esito della quale aveva provocato una salva d'applausi, raddoppiati d'intensit

Così il risultato della votazione fu di sette e cinque no. Monti e Tognetti furono condannati a morte alla maggioranza di sette voci su dodici. Un voto contrario di meno li avrebbe salvati. Essi furono dunque dannati all'ultimo supplizio in forza di un solo voto, che fece traboccare la bilancia in loro danno.

Il 10 dicembre, racconta un bonapartista in delirio, «di botto il pensiero del popolo venne fuori trionfante, potente, completo, irresistibile, come il fiore dell'aloe, che d'un colpo tonante sboccia in un attimo e si spande». Riuscito eletto il pretendente da più di cinque milioni e mezzo di voti, la capitale era schiacciata dalle provincie, la borghesia dai contadini; e, insiememente, precipitavano d'un colpo le tacite speranze dei realisti, perché l'espettazione, che il principe avrebbe spianato la via alla monarchia, riposava sulla supposizione, che avrebbe potuto ottenere non più che una debole votazione. Ora, invece, egli veniva a trovarsi potentemente collocato al disopra dei partiti, coperto dalla colossale maggioranza della nazione. La natura delle cose gli consigliò di lasciare che i vecchi partiti si dissolvessero completamente. Parenti e parassiti, lacché e cacciatori di posti, e la pompa e il fasto di una corte regale accolsero il presidente, quando salì dalla semplicit

I giudici dovevano occupare il giorno intermedio nel discutere tra loro quella causa, e astenersi dai liquori e da cibo abbondante onde il loro spirito si mantenesse libero e sereno. Al mattino del terzo giorno i giudici dovevano raccogliersi nel tribunale e addivenire a nuova votazione con questa clausola pietosa.

Così, la parte repubblicana, ingannata con false promesse, aggirata per lunga pezza dal contegno gesuiticamente amichevole del governo provvisorio, poi perseguitata d'accuse villane, di stolte minaccie e di perfide insinuazioni diffuse tra il popolo, e tradita a un tratto nelle sue più care speranze da un decreto che alla libera, solenne, pacifica discussione d'una Costituente dopo la vittoria sostituiva una muta votazione su registri e, pendente la spada di Damocle sulla testa ai votanti, rispondeva parole di dignitosa e severa mestizia ai violatori della pubblica fede, pur dichiarando di non volere, per amore di quella concordia che essi soli avevano, tacendo, serbata sino al 12 maggio, raccogliere il guanto la plebe dei moderati, irritata, arse in Genova quella protesta. Noi potevamo rispondere, in modo non dissimile da Cremuzio Cordo: ardete anche i buoni tutti d'Italia in quel rogo, perch'essi sanno la verit