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E quella che vedea i pensier dubi ne la mia mente, disse: <<I cerchi primi t'hanno mostrato Serafi e Cherubi. Cosi` veloci seguono i suoi vimi, per somigliarsi al punto quanto ponno; e posson quanto a veder son soblimi. Quelli altri amori che 'ntorno li vonno, si chiaman Troni del divino aspetto, per che 'l primo ternaro terminonno;

Lui, defatti, se mésse in diffidenza; E fece: dice, qui p'er vicinato Se sente un po' de puzza d'abbruciato... Ma fresca! dice, qui ce vo' prudenza. Defatti tornò su da su' eccellenza, Je fece: Be', cos'hanno combinato? Eh, dice, sa? l'affare è un po' impicciato, Ripassi un' antra vorta, abbia pazienza. Ma lui pensò: ma qui giocamo a palla! Ma qui me vonno mette' ner canestro! Ma sai che nova c'è?

E quella che vedea i pensier dubi ne la mia mente, disse: <<I cerchi primi t'hanno mostrato Serafi e Cherubi. Cosi` veloci seguono i suoi vimi, per somigliarsi al punto quanto ponno; e posson quanto a veder son soblimi. Quelli altri amori che 'ntorno li vonno, si chiaman Troni del divino aspetto, per che 'l primo ternaro terminonno;

E quella che vedëa i pensier dubi ne la mia mente, disse: «I cerchi primi t’hanno mostrato Serafi e Cherubi. Così veloci seguono i suoi vimi, per somigliarsi al punto quanto ponno; e posson quanto a veder son soblimi. Quelli altri amori che ’ntorno li vonno, si chiaman Troni del divino aspetto, per che ’l primo ternaro terminonno;

La lode, Dio buono, se la pigliano tutti, la vonno anche i modesti. Il canarino si guardò i pieducci, ripulì il becco a un ballatoio della gabbia, si piantò saldo sulle gambette e si mise a cantare: Se il mio nome saper voi bramate... A maggio, v'ho detto, i signori della casa sloggiarono.

Io, che c'entra? sfiatavo li cavalli Pe' fa' presto... Ma intanto? Sti cuscini Me ce vonno du' scudi pe' rifalli. Erimo venticinque in compagnia De li soni; fu un pranzo prelibato! Zupp'ingrese, caffè, rumme, gelato... Te dico, roba fina, sciccheria. Dopo pranzo fu fatta un'allegria, Tutti a panza per aria immezzo ar prato, A l'aria aperta e dopo avé' ballato, Ritornassimo in giù a l'avemmaria,

Vacce piano, nun te lo beve' tutto. Ma piuttosto de beve' a 'sta maniera; Ma dico, dimme un po', ma tu lo sai Si lui, Colombo, proprio de dov'era? De dov'era? Lo vedi com'è er monno? Quann'era vivo, ch'era un disgraziato, Se ' che gnisuno ci ha badato, E mo che nun c'è più, tutti lo vonno. Nun fa gnente? Ma intanto t'arisponno.

E quella che vedëa i pensier dubi ne la mia mente, disse: «I cerchi primi t’hanno mostrato Serafi e Cherubi. Così veloci seguono i suoi vimi, per somigliarsi al punto quanto ponno; e posson quanto a veder son soblimi. Quelli altri amori che ’ntorno li vonno, si chiaman Troni del divino aspetto, per che ’l primo ternaro terminonno;

A chi? A chi vonno arrest