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Ma veggio uscir Trinca da casa vostra molto allegro: aspettiamo, fin che ne sappiamo la cagione. EROTICO. Cerca di noi, e ci vuol dar una buona nuova. ATTILIO. Niuna buona nuova può esser per me, se non che Cleria fusse mia moglie; ma ciò non potendo essere, dunque non è buona per me. EROTICO. Trinca, volgeti a noi. TRINCA. Io non posso piú celar l'allegrezza, e bisogno che sfoghi.

Questi alloggiati più verso levante sono gl'Inglesi. Or volgeti all'Esperia, dove si veggion trentamila Scotti, da Zerbin, figlio del lor re, condotti. 84 Vedi tra duo unicorni il gran leone, che la spada d'argento ha ne la zampa: quell'è del re di Scozia il gonfalone; il suo figliol Zerbino ivi s'accampa. Non è un bello in tante altre persone: natura il fece, e poi roppe la stampa.

Certo il vignarolo sará stato ricevuto per Guglielmo e mi avrá concesso Artemisia per isposa. Lo vo' intender meglio: o Cricca, o Cricca! CRICCA. Non è in casa in piazza in loco alcuno dove soglia pratticare. PANDOLFO. Cricca, volgeti qua, non mi vedi? CRICCA. Padrone, è tanta l'allegrezza che non vi potea vedere: ho cercato ogni buco per trovarvi.

Volgeti a me, parlami sine perplexitate: sei Gerasto come hai detto a me, o Narticoforo come hai detto a costui? PANURGO. Mira con che arroganza mi parla! hai tu qualche imperio sovra di me, che sia forzato a dirti io chi sia? Io son chi piace essere a me. NARTICOFORO. Io non mi curo che tu sia chi piace essere a te, ma non vorrei che dicessi che sei me.

Ho lasciato detto che desiava parlargli, e insegnatali la casa mia. Ma io vi tornerò, come arò fatta stima che abbia desinato. FILIGENIO. O Mangone, o Mangone! MANGONE. Chi mi chiama? FILIGENIO. Chi t'apporta guadagno: vòlgeti. MANGONE. Non è cosa al mondo a cui mi volga piú volentieri. Ditemi, che guadagno mi apportate?

MANGONE. Filace, recami qui un bastone, ché quel solo ha virtú di far intendere a sordi e parlare a muti. DOTTORE. Mentre egli viene, io vo' far prova se nelle pugna e ne' calci fusse la medesima virtú. Vòlgeti qua, se non mi racconti il fatto come sia gito, arai per ora un saggio di pugna. Non vuoi rispondere? toccherai delle busse.

Giá è persa la medicina che sola mi poteva recar salute; molte vane speranze m'han lusingato fin qui; or pongo fine allo sperare, non ingannare piú me stesso. PANURGO. Vòlgeti a me. ESSANDRO. Ho annodata la fune e or me l'adatto al collo. PANURGO. Chi t'ave imparato, il boia? ESSANDRO. La disperazione! Vuoi tu alcuna cosa dall'altro mondo?

In somma, tutte l'armi del mondo non armarebbono la paura: quel pugnal li serve per busar le botti. CAPITANO. Qua qua, poltrone, volgeti a me! AMASIO. Eccomi; dove sei? Mi scappa di man come un'anguilla; mi provoca e poi fugge. CAPITANO. Eccomi qua innanzi: mostri di non vedermi; dove fuggi? AMASIO. Fermati, dove sei balzato? Non so come trapassa per questi vicoli, ché me lo retrovo sempre dietro.