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Narrar vo' solo ad essi i miei tanti delitti: altro non chieggo: tanto impetrami; va. Dell'onta mia lieta a gioir venga Poppea; l'aspetto. SENECA E che vuoi far? OTTAV. Morir; sugli occhi loro. SENECA Che parli?... Oimè! tel vieterá, se il brami... OTTAV. E un gran dono da Neron vogl'io? Ad altri il chieggo; e spero...

m'insegnavate come l'uom s'etterna: e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo convien che ne la mia lingua si scerna. Cio` che narrate di mio corso scrivo, e serbolo a chiosar con altro testo a donna che sapra`, s'a lei arrivo. Tanto vogl'io che vi sia manifesto, pur che mia coscienza non mi garra, che a la Fortuna, come vuol, son presto.

m'insegnavate come l'uom s'etterna: e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo convien che ne la mia lingua si scerna. Cio` che narrate di mio corso scrivo, e serbolo a chiosar con altro testo a donna che sapra`, s'a lei arrivo. Tanto vogl'io che vi sia manifesto, pur che mia coscienza non mi garra, che a la Fortuna, come vuol, son presto.

Base al tuo seggio alta e perenne il nostro sepolcro avrai. Perché piú indugi? or questo mio capo prendi; al tuo furore il debbo. SENECA Se perder vuoi seggio ad un tempo e vita, Neron, sicuro è il mezzo; Ottavia uccidi. NER. Vendetta avronne ad ogni costo. OTTAV. Ah! mille morti vogl'io, non ch'una, anzi che danno lieve arrecare al signor mio. TIGEL. Ma il tempo piú stringe ognora.

E s'affretta a gridar: fin che ne l'alto Le stelle, ove pugnammo, in giro andranno, L'armi e le forze, onde l'inferno esalto Mai sempre infeste al Vatican saranno: Gonfi, gonfi le trombe; al fiero assalto L'insegne spieghi il Rodïan tiranno: Questo infra i giorni tenebrosi, acerbi Vogl'io, che Rodi eternamente il serbi.

Tanto vogl'io, tanto Ebrain richiede Per estremo conforto a' casi duri L'antico tuo signor; s'ami la fede, Fa, che ben cauto i miei desir procuri; Non ingombri tuo cor vana mercede; Pronto disponti a ciò; vuo' che tu giuri, Che s'io rimango ne la pugna oppresso, Sultana per tua man verrammi appresso.

Amar vogl'io, di quell'amor che avvampa In te, e ne' tuoi più nobili viventi, Di quell'amor che da' rei lacci scampa, Di quell'amor che regge infra i tormenti, Di quell'amor che all'universo è lampa Nella chiesa infallibil de' redenti, Di quell'amor pio, ver, forte, Che abbella e vita, e gioie, e strazi, e morte! Domine, qui amas animas.

TIGEL. Ciò far vogl'io: ma il mezzo ottimo a tanto effetto in cor giá fitto Neron si avr

L'esame di botanica Subiva uno studente. So, il professor dicevagli, Ch'ella ha studiato niente; Un quesito assai facile Proporre a Lei vogl'io: Con qual seme propagansi Le zucche? E quei: col mio.

Ma non vogl'io, che de la mia bellezza, Trattone Alcmano, altri si veggia amante: Dunque sul primo fior di giovinezza D'ognuno a gli occhi io mi torrò davante: Ho bevuto venen: tu se potrai Vendica i nostri incomparabil guai. Poichè così parlommi, in tempo breve Abbassar gli occhi, e scolorir si mira; E sparsa di sudor come di neve Tutta si scote palpitando e spira.