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Mentre m'abbandonavo a questi pensieri, sentii tutt'a un tratto che tutti s'alzavano e salutavano. M'avvicinai anch'io a Vittor Hugo, gli presi la destra con tutt'e due le mani.... e non potei dire una parola. Ma egli mi guardò e mi comprese, e disse, stringendomi la mano, e fissandomi con uno sguardo sorridente e un po' triste: Addio, caro signore. Poi soggiunse: No, addio.

Perchè mai? mi domandò gentilmente. Vittor Hugo è così dolce, così affabile con tutti! Egli ha il cuore d'una fanciulla e i modi d'un bambino. Tutto quello che v'è di aspro e di terribile nei suoi libri è uscito dalla sua grande immaginazione, non dal suo cuore. Non vedete che gli trapela la dolcezza dal viso? Guardatelo. Lo guardai.

Lo sguardo fisso di Vittor Hugo mi turbò, tutte le mie belle idee scapparono, e non dissi altro che questo... Insomma, bisogna ch'io lo dica. Io gli domandai se era stato a vedere l'Esposizione! E rimasi l

Poi alcuni si congedarono e Vittor Hugo fece entrar gli altri nel salotto accanto, stringendo la mano a tutti, mentre gli passavano davanti.

Però ch'al fin de la piú molle etade ti trovarai sul passo di Eleuteria, che per doi rami è guida a dua contrade. Quinci ratto si viene a la miseria, quindi al pregio acquistato per lung'uso, che s'ha quanto di aver si materia. Ovver fia dunque tempo che 'n ciel suso ritornarai vittor di questa giostra o cascarai, di quel che sei, piú giuso.

Intanto Vittor Hugo parlava di molte piccole occupazioni che sovente gli portavan via la giornata senza che quasi se n'accorgesse, e diceva con voce stanca, ma bonariamente: Je n'ai pas un minute á moi, vous le voyez bien. E tutti risposero a una voce: È vero.

E cominciò a incensare la Spagna, il paese, secondo lui, più romanzesco di Europa; e a interrogarmi intorno ai nostri scrittori contemporanei dei quali non conosceva neppure un rigo. La serata trascorse in un soffio, e pareva che pei discepoli fosse rotto l'incanto; si agitavano e parlavano, giacchè in quella sala del trono vera sala d'inquisizione poetica! soltanto un incidente casuale, come la presenza di uno straniero, poteva recare l'animazione della controversia e rompere il gelo del rispetto quasi jeratico. Alle dodici, Vittor Hugo mi congedò. Mi regalò il suo ritratto e quello dei suoi nipotini, col suo autografo, e mi baciò in fronte; costume francese, che se in altra occasione, a me spagnuola, sarebbe parso cattivo gusto, ora mi riuscì commovente in persona di quell'ottagenario gi

È un giovane ben piantato; solidement bâti; un po' somigliante, nella travatura delle membra, a Vittor Hugo; più grasso, non molto alto, ritto come una colonna, pallidissimo; e la sua pallidezza apparisce anche maggiore per effetto della barba e dei cappelli neri, che gli stanno ritti sulla fronte come peli di spazzola.

E il De Goncourt, facendo risuonare quella sua particolare risata ironica e geniale: " Come sono fortunati questi spagnuoli! Non hanno un Ohnet!" Singolarissima è la scena della sua visita a Vittor Hugo; merita di essere tradotta per intero. "Negli ultimi giorni della mia dimora a Parigi, al mio ritorno da Vichy, conobbi Vittor Hugo, ultimo e grandioso superstite della generazione romantica.

Eppure, ecco un problema per gli scrutatori del cuore umano. Verso sera, un'ora prima d'andare, tutt'a un tratto mi si fece dentro come un silenzio mortale. Mi sentii improvvisamente vuoto, asciutto e freddo. Mi parve che, comparendo davanti a Vittor Hugo, non avrei sentito la menoma scossa, trovato una parola da dire. E ne rimasi atterrito. Poichè, insomma, non c'è che una commozione profonda e visibile che giustifichi l'audacia di quelle visite: quando la commozione manca, par che si vada l