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Sultana allor: se la presente sorte, E se 'l risco vicin di maggior pianti A farmi dolce reputar la morte Oggi non fossero, Ebrain, bastanti, Pur la vita troncarmi esser dee forte Questo Re che trafitto emmi davanti, Cui fermamente io so che fui diletta, E che pur con desio seco m'aspetta.

Avea dai suoi compagni udito inante, che Durindana al fianco s'avea messo il re Gradasso: onde egli, per desire di racquistarla, in India volea gire, 57 stimando non aver Gradasso altrove, poi ch'udì che di Francia era partito. Or più vicin gli è offerto luogo, dove spera che 'l suo gli fia restituito.

Il Fauriel, scrive il Sainte-Beuve, s'andava proponendo, circa quel tempo, di comporre un romanzo storico, di cui avrebbe certamente collocata la storia nel Mezzodì della Francia, in una di quelle epoche ch'egli conosceva così bene. Dopo aver finito l'Adelchi, il Manzoni, abbandonata l'idea di una tragedia Spartaco, si mise anch'egli a pensare di comporre il romanzo Promessi Sposi. Circa lo stesso tempo, il suo amico Grossi s'occupava intorno ad un grande poema storico: I Lombardi atta prima Crociata. Era il tempo del grande ardore per l'Ivanhoe. Di qui nuove attivissime discussioni, e nuovo moto alle idee, sia per lettera, sia a voce, nel soggiorno del Fauriel in Italia (la Prefazione che precede il supplemento al secondo volume dei Canti popolari della Grecia del Fauriel reca la data di Brusuglio vicin di Milano) dal 1823 al 1825. Discutevasi, per esempio, come questione principale, tra i due amici, intorno al modo d'innestare la storia con la poesia, senza che l'una noccia all'altra. Il Fauriel inclinava a credere che, quindi in poi, la lotta condurrebbe la poesia propriamente detta a rimanere ogni più soccombente. Il Manzoni pensava altrimenti, e sosteneva contro le apparenze e i cattivi pronostici che la poesia non ha volont

20 Percuote il sole ardente il vicin colle; e del calor che si riflette a dietro, in modo l'aria e l'arena ne bolle, che saria troppo a far liquido il vetro. Stassi cheto ogni augello all'ombra molle: sol la cicala col noioso metro fra i densi rami del fronzuto stelo le valli e i monti assorda, e il mare e il cielo.

La nobil donna lagrimava, e mesta Sola traeva guai sul regio letto, E de l'interno duol nube funesta Turbava l'aria del sereno aspetto; La manca mano ha sotto l'aurea testa, La destra in su l'avorio del bel petto; stava, di gran mal quasi indivina, Quando il rio mostro da vicin l'inchina.

Or questo novo segno al vicin tempio Appeller

'Gloria in excelsis' tutti 'Deo' dicean, per quel ch'io da' vicin compresi, onde intender lo grido si poteo. No' istavamo immobili e sospesi come i pastor che prima udir quel canto, fin che 'l tremar cesso` ed el compiesi. Poi ripigliammo nostro cammin santo, guardando l'ombre che giacean per terra, tornate gia` in su l'usato pianto.

Un altro all'oche d'un vicin l'attacca, ch'è danneggiato d'un quarto di grano. Uno è in furor; vuol spezzare una lacca, se sa chi ne' suoi fichi ha posta mano. Cosí restan monarchi, arme e regine, per oche, vacche, ficaie e galline.

Oppressa da furor barbari ed empi Sente omai da vicin l'ultimo pianto; Va tu col

E un che d’una scrofa azzurra e grossa segnato avea lo suo sacchetto bianco, mi disse: «Che fai tu in questa fossa? Or te ne va; e perché se’ vivo anco, sappi che ’l mio vicin Vitalïano seder