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Ahi! ahi! mi hai rotto una costola. Una di più, una di meno, sclamò ridendo Topo, poco monta: non è mica un occhio. Cane, interruppe la cuciniera, che tirava il fuoco sotto la padella, cane! mi fai le corna con Sandrina. Sandrina ha tanti anni quanti il brodetto. Ma ha dei quaini*. * Denari nel vernacolo livornese.

Raccontano a Genova che la frase fosse detta dal Lercaro ad un senatore della sua comitiva; e ciò forse per potersi servire del vernacolo genovese, che la rende in due monosillabi: mi chi. Ma gli scrittori francesi, a cui pare abbia fatto senso, la vogliono detta nella loro lingua, e il citare che fanno il Seignelay ad interlocutore del doge, m'induce a credere che abbiano ragione loro. Il marchese di Seignelay era stato col Duchesne al bombardamento di Genova, ed era il figlio di quel Colbert, che l'aveva a morte coi genovesi, per ragioni di rivalit

Siete un brav'uomo, mastro Bernardo! gridò il Picchiasodo, poi ch'ebbe trincato alla salute di Gilda, del Maso, della zia Rosa, e, a farla breve, di tutti gli astanti, E vedo, stando qui di presidio, che questo popolo è buono, come si è mostrato valoroso in tante occasioni. Sentite ora un mio pensiero; in vino veritas, e se me ne versate dell'altro, mi spiegherò ancora meglio. Grazie infinite! Io dico dunque, che, come noi due non ci odiamo, perchè abbiamo potuto ricambiarci qualche servizio, così non debbono odiarsi finarini e genovesi. Che diamine? o non parliamo tutti lo stesso vernacolo? Meditate su questo punto, mastro Bernardo, che mi par l'essenziale. E non vi metta in pensiero qualche divario nella pronunzia, come a dire un po' di cantilena che noi sentiamo nella vostra parlata, e un po' di strascico che voi fiutate nella nostra. Son cose da nulla, e appunto perchè son cose da nulla, mi stanno a riprova di quanto io v'ho detto. Credete a me, mastro Bernardo; io non so che cosa avverr

Il generale Bixio, entrando vivacemente, avvertì il dittatore che il nemico ritiravasi lentamente verso Villa San Giovanni, e dimandò se dovevasi sorprenderlo. E Garibaldi, affisando con sembiante di compiacenza l'audacissimo fra' suoi luogotenenti, che gli favellava in vernacolo genovese caro ai suoi orecchi: I nostri soldati hanno bisogno di riposo, e voi curatevi la ferita.

Immaginate dunque la dolce commozione che messer Cristoforo Colombo provò in quel giorno e in quell’ora. La parlata della madre patria è sempre la più soave all’orecchio dell’uomo, quando egli si ritrova fuori paese. Egli accorre al suono conosciuto, come ad una festa dell’anima; ascolta giubilante, vorrebbe subito barattar parole anche lui, come se volesse provare a stesso che quell’idioma, che è senza dubbio il più bello del mondo, egli non lo ha dimenticato. E parlandolo, dopo tanti anni, in una regione lontana, egli sente in quell’idioma, in quel vernacolo natìo, un gusto, un sapore di novit

* Danari, in vernacolo livornese. Per ciò. Oh questa è bella! e la roba chi la fa? e il grano chi lo raccoglie? e il vino chi lo leva dal tino? Ah! bel mi' omo, il Bruto ci ha pensato; tutti quelli che devono travagliare ci hanno da essere, ma la roba dev'esser tutta spartita. Dunque tutti lavoreranno?