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Corbellare i tuoi parenti; farti dare da tuo cugino prete l'ordinazione della Madonna che stai dipingendo, un po' di danaro da tuo cugino Venanzio e dal macellaio; da me nient'altro che mia figlia Cristina e la sua dote. Ma... Ma la celia ben fatta piace anche a me, e deve essere premiata. Cristina è tua, se ancora la vuoi.

I cugini risero in coro di questa uscita di prete Barnaba, e intanto Ippolito e Venanzio facevano lo stesso pensiero: «prete Barnaba non crede un'acca...» Questa volta me ne vado proprio, disse Ippolito. Anch'io, annunziò Venanzio, e accostandosi fino quasi all'orecchio del pittore: le mille lire sono a tua disposizione. Anch'io, conchiuse il reverendo. E passò primo fra i due cugini.

Allora zio Venanzio li riaprì. Senti, Giusto, mi hanno detto che tu hai fatto testamento; che idea ti è venuta, alla tua et

Ecco, proseguì Venanzio, continuando ad assestare gli orologi della mostra; io sono qui per contrattare: non dobbiamo forse far contratti tutta la vita? ma quando uno chiede che io gli procuri un po' di denaro che non ho, non posso incomodare la gente che mi vuol bene senza fargli vedere prima il pegno e consegnarglielo poi.

Il cugino Venanzio aveva rinnovato la sua offerta di denaro senza pegno ipoteca al sette per cento. La navicella di Giusto filava dunque col vento in poppa. Ma il pittore non era contento fin che non avesse confessato il peccato della sua nuova fortuna a chi lo potesse intendere veramente.

Essendo tutti più maturi (salvo uno, cugino Venanzio), avrebbero poca speranza di toccar nemmeno con un dito l'eredit

Un altro cugino aveva bottega d'orologiaio e orefice in Ponte Vetero e si diceva che rivendendo bene gli orologi acquistati male dagli speculatori di Piazza Castello, che è a due passi, egli si fosse messo da parte un bel gruzzolo; si chiamava Venanzio.

Lasciò la bottega e nell'avviarsi al tribunale passò rasente al brutto ceffo che tornava verso la bottega di Venanzio.

«Lego L. 50.000 al mio cugino Venanzio Bordini. «Lego L. 50.000 a mio zio Bortolo Negri, negoziante di carni di macello. «Lego L. 50.000 a mio cugino Ippolito Portatore usciere. «Lascio i quadri e tutto quanto si trover

Il cugino Venanzio, giovinetto allegro la sera, quando il suo negozio era andato bene, aveva la mattina un umore intrattabile; la impazienza che si presentasse il primo affare, senza del quale come sapete non è possibile mai fare il secondo, gli dava un'aria inquieta e scontenta, che non cresceva nulla ai vezzi della sua persona.