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Carlo venne in Italia e, per ammenda, vittima fe' di Curradino; e poi ripinse al ciel Tommaso, per ammenda. Tempo vegg'io, non molto dopo ancoi, che tragge un altro Carlo fuor di Francia, per far conoscer meglio e se' e suoi. Sanz'arme n'esce e solo con la lancia con la qual giostro` Giuda, e quella ponta si` ch'a Fiorenza fa scoppiar la pancia.

per te si veggia come la vegg'io, grata m'e` piu`; e anco quest'ho caro perche' 'l discerni rimirando in Dio. Fatto m'hai lieto, e cosi` mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso com'esser puo`, di dolce seme, amaro>>. Questo io a lui; ed elli a me: <<S'io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso.

Ei raccolse nel cor gran meraviglia, E, mosso inverso lor senza dimora, Dice: forse schernisconsi mie ciglia? Deh che vegg'io non più veduto ancora? Quale d'armi vaghezza oggi vi piglia? E chi tanto donzelle oggi avvalora? Perchè siete fra noi? Certo io non trassi Con alcun messaggiero i vostri passi. Adrasta, sparsa d'ardimento il viso, De' lor vïaggi la cagion dispiega.

VIRGINIO. Chi non la conosceria? Non vegg'io tutti i segnali che m'ha dati suor Novellante? PASQUELLA. La cosa va male. Che ch'io n'arò le mie! VIRGINIO, GHERARDO e FABRIZIO giovinetto. VIRGINIO. Addio, buona fanciulla. Parti che questo sia abito conveniente a una tua pari? Questo è l'onor che tu fai alla casa tua? Questo è il contento che tu dái a questo povero vecchio?

ma 'l benedetto Agapito, che fue sommo pastore, a la fede sincera mi dirizzo` con le parole sue. Io li credetti; e cio` che 'n sua fede era, vegg'io or chiaro si`, come tu vedi ogni contradizione e falsa e vera. Tosto che con la Chiesa mossi i piedi, a Dio per grazia piacque di spirarmi l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;

SENECA Odo le grida di mossa plebe. OTTAV. Oimè! che fia? SENECA Che temi? Soli noi siam, che in questa orribil reggia paventar non dobbiamo... OTTAV. Ognor piú cresce il tumulto. Ahi me misera! in periglio forse è Neron... Ma chi vegg'io? SENECA Nerone; eccolo, e viene. OTTAV. Oh, di qual rabbia egli arde nei sanguinosi occhi feroci! Io tremo...

ma 'l benedetto Agapito, che fue sommo pastore, a la fede sincera mi dirizzo` con le parole sue. Io li credetti; e cio` che 'n sua fede era, vegg'io or chiaro si`, come tu vedi ogni contradizione e falsa e vera. Tosto che con la Chiesa mossi i piedi, a Dio per grazia piacque di spirarmi l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;

Ma lungamente contrastar non basta, E fuor sen va dall'occupate mura. Scotea Fernando la terribile asta, E dietro gli gridava: aurea armatura, Alfange, intorno ti vegg'io, ma parmi Che di guerrier non abbia altro che l'armi. Ove ten fuggi? hai le piante alate? Ferma alquanto a mirar come s'onori Spagna nel risco de le schiere armate; Ma che? più volte ve l'han detto i Mori.

<<Or va>>, diss'el; <<che quei che piu` n'ha colpa, vegg'io a coda d'una bestia tratto inver' la valle ove mai non si scolpa. La bestia ad ogne passo va piu` ratto, crescendo sempre, fin ch'ella il percuote, e lascia il corpo vilmente disfatto. Non hanno molto a volger quelle ruote>>, e drizzo` li ochi al ciel, <<che ti fia chiaro cio` che 'l mio dir piu` dichiarar non puote.

Miserere di me, che mai vegg'io! disse Terigi e si poté sentire; perch'ell'era una lettera, una manna, di pugno proprio della sua tiranna. Non si ricorda piú d'esser in chiesa, del predicador, dell'udienza. Si leva e corre con la faccia accesa, come se lo cacciasse la scorrenza.