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Ella certissimo si crede che sia Cintio: io ho fatto il male, altri ne ará la penitenza. Io non trovo altro rimedio al mio male che andarmene a mio padre e narrargli il successo chi mi desia vivo mi faccia aver Lidia per isposa, ché è impossibile che viver possa senza lei; so che m'ama e cercherá darmi sodisfazione. CINTIA. Vita mia, andate in buon'ora e ricordatevi di chi v'ama.

LELIA. Se quella povera giovane fu prima vostra innamorata, e anco piú che mai v'ama, perché l'avete abbandonata per seguire altri? Il qual peccato non so se Iddio ve lo possa mai perdonare. Ahi, signor Flamminio! Voi fate, per certo, un gran male. FLAMMINIO. Tu sei ancora un putto, Fabio, e non puoi conoscere la forza d'amore.

Ma voi fanciulle fate profession d'esser crudeli e di lasciar morir prima la gente che li porgessi aita d'un sol guardo o d'una paroletta; ma, nel fine, tornan sopra di voi: non me n'impaccio. Ma non è giá 'l dover chi tanto v'ama apprezzar cosí poco. Tieni a mente che al pentirci siam noi sempre le prime, come l'ultime a creder. LÚCIA. Non t'intendo. Parla piú chiaro.

DULONE. V'ama e vi serve con amor simulato e con nemicizia coperta, con desegni. ERASTO. Che utile ne può sperar egli da me? DULONE. Che so io? ERASTO. Parla, col tuo malanno! DULONE. Dubbito non ve la facci doppia. ERASTO. Come doppia? DULONE. Che mentre egli vi trattiene in casa sua con qualche puttana vecchia in letto sotto nome di Amasia, si giaccia con Lidia vostra sorella.

CLERIA. Come può esser questo vero, se qui non veggio niuno altro che te, altri che tu mi parli? Ma dimmi, Fioretta carissima, sai tu quanto egli m'ami? ESSANDRO. V'ama quanto io. CLERIA. So che tu m'ami, non ne sto in dubbio; ma tu sei mal cambiata da me, che ti amo quanto si può, perché mi rassomigli tutta a tuo fratello. ESSANDRO. Anzi piú m'amaresti, se mi conoscessi.

LIDIA. Son disamata, odiata e schivata da ciascuno. AMASIO. Non dite cosí, ché conosco persona che v'ama tanto che non so se voi cosí amate Cintio svisceratamente. BALIA. Ascolta, figlia mia, ché non è morto il mondo per te giá. LIDIA. Che miserabil uomo deve essere costui che si sia posto ad amar me?

Ditemi: non avete voi nissuna che avesse caro che voi l'amasse, in questa terra? FLAMMINIO. Come s'io n'ho? E la mia sorte mi fece innamorar di costei: che tanto m'è stata cruda quanto quella mi fu cortese. LELIA. Padrone, e' vi sta bene ogni male perché, se avete chi v'ama e non l'apprezzate, è ragionevol cosa che altri non apprezzi voi. FLAMMINIO. Che vuo' tu dire?

Però che salito in su' piei de l'affecto, l'anima comincia a gustare l'affecto del cuore, ponendo l'occhio de l'intellecto nel cuore aperto del mio Figliuolo, dove truova consumato e ineffabile amore. Consumato, dico, ché non v'ama per propria utilitá, però che utilitá a lui non potete fare, però che egli è una cosa con meco. Alora l'anima s'empie d'amore, vedendosi tanto amare.

Giovani miei concittadini! Se in voi è proposito deliberato e tenace di risurrezione, la voce del giovine come voi, che si sente acceso delle stesse vostre passioni, che v'ama come la speranza del secolo, che intravvede un avvenire di gloria per voi, che veglia questo vostro avvenire, quest'aurora della vostra emancipazione, coll'affetto d'una madre all'infante, che sente balzarsi il core d'una gioja insolita ogni qual volta intende un bel fatto vostro, che non vive se non in un concetto vostro tutto, che darebbe la vita per accrescervi lode, che la dar