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E si trasformava in siciliano e cantavasi a coro un’aria italiana, giunta del Continente: A sti ’nfami Giacubini Cchiù la terra ’un li ricivi; Cala forti la lavina E a mari li purtir

Il maestro curvò la schiena, che quasi toccava col naso lo scrittoio, presentò all’impiegato superiore i più rispettosi ossequi, uscì dalla stanza con ripetuti inchini, salutò gentilmente anche l’usciere, che aveva un’aria da sbirro, poi scese le scale lentamente, col collo torto, e un beato sorriso sulle labbra, pensando fra stesso: «l’uomo è un asino, è un asino, è un asino!...»

Era una bella notte d’estate. A un’aria fresca, sotto un cielo stellato, per luoghi domestici, il viaggio non potea cominciarsi con migliori auspici. Speranzosi tutti, di forte animo, e uguali e concordi, non avevan neppur pensato ad eleggersi un capo che gli guidasse.

Li ascoltanti si guardavano l’un l’altro nelli occhi, con un’aria smarrita; e quindi rivolgevano lo sguardo curioso e incerto al cofanetto che l’oratore teneva in una mano. Un d’essi, poichè il Ristabilito faceva pausa per considerare l’effetto delle parole, esclamò impaziente:

Comprendo e rispetto la tua passione sacra. C’è stata sempre intorno a te, palese o dissimulata, un’aria di compatimento. Mortella. Ah, credi? Giana. Non t’offendo. Voglio dire che il tuo dolore e gli atti del tuo dolore sembrano talvolta aver qualcosa di maniaco, qualcosa di delirante. Io stessa talvolta ti ho trattata come una piccola inferma.

Noi siamo, dunque, in alto, in un’aria di pura intellettualit

Anna ascoltava avidamente; e il desiderio di vedere le nuove cose e di rivedere le antiche cominciò a tormentarla. Ella, quando il cappuccino tacque, si rivolse a lui con un’aria tra di letizia e di timidezza.

Qui la gente dimora tutta nel fondo della valle. Si vedono bensì su per le coste della montagna e fino rasente le ghiacciaie, dei casolari pastorizi (chiamati Meire, Grangie o Alpi); ma a questi salgono per lo più i mandriani della pianura e non vi soggiornano che i tre mesi della state. L’inverno, quelli del paese o s’industriano trafficando intorno per il mondo o si tappano nelle stalle e vi impigriscono in minuterie tranquille, e pulite che sembrano trastulli. Per essi il lavoro invernale, meglio che di sostentare la vita, è un mezzo di ammazzare la giornata e più la sera. Si baloccano in piccoli ordigni per aprir l’uscio o la botola del fieno senza muover di posto, per abbassare dall’assito, ond’è rivestita la parete, un piano che faccia da tavolino e rialzarlo senza che ne appaia la mostra, si lambiccano il cervello a perfezionare le morsette di legno destinate ad assicurare contro il vento i panni sciorinati al sole, o a trovare un nuovo congegno per l’aspo o una nuova zangola per sbattervi il burro. I più utilitarii fanno mestole o cucchiai di legno, o riparano le minute avarìe della casa. Da ciò deriva alla casa un’aria agiata e patriarcale, che non inganna. L’alta montagna elesse i suoi abitanti. È avvenuta la naturale selezione darwiniana: chi non ebbe forza e sostanze da camparvi con agiatezza, o dovette soccombere o ne sloggiò. La miseria della quale vedremo tanti impensati esempi nel basso, non è compatibile colle asprezze del clima e cogli scarsi prodotti del suolo alpino. La frase pare paradossale, ma non è. La terra frutta così poco, che solamente i ricchi ne posseggono, e non essendovi traffichi industrie, chi non ha rendite o possedimenti, non trova la via di campare. Nei villaggi della regione alpina non vi hanno mendicanti o ve li attira nella buona stagione la ressa dei forestieri; non vi si incontrano quei visi sparuti di morente, quegli occhi febbrili pieni di timidit

Pare che lo scopo, voluto da Gallo, fosse stato raggiunto. La presenza delle reliquie del martire, chiamando nei boschetti profumati di Dafne le turbe devote dei Cristiani, allontanava gli amanti, e spargeva un’aria di tristezza in cui spariva il sorriso del raggio apollineo.