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Ella per certo l’umana natura E tutte voi adorna similmente; Ponete agli atti suoi piacenti cura, Che fan maravigliar tutta la gente. Quanto potete a prova l’onorate, Donne gentili, che ella voi onora, E di lei in ciascun loco si favella. Unque mai par si trovò nobiltate, Ch’io veggio Amor visibil che l’adora, E falle riverenza, è bella

Voi avete ragione rispose Vitaliana dopo qualche istante di zittire. Un'ultima parola, allora. Principe, credete voi al pentimento? Io non lo nego. Credete voi che il duca di Balbek possa riabilitarsi unque mai di un atto, che fu senza dubbio un accesso di follia? Un accesso di follia! mormorò il principe. Voi non ammettete la follia. Voi credete alla premeditazione.

90 Non che lasciar del suo signor voglia unque 'l grand'amor, le reliquie morte: convien che l'abbia ovunque stia ed ovunque vada, e che seco e notte e le porte. Quindi aiutando l'eremita dunque, ch'era de la sua et

8 leggiadra bella veste unque ebbe altr'alma in quel terrestre regno; e raro è sceso e scender

Cosi` 'l maestro; e quella gente degna <<Tornate>>, disse, <<intrate innanzi dunque>>, coi dossi de le man faccendo insegna. E un di loro incomincio`: <<Chiunque tu se', cosi` andando, volgi 'l viso: pon mente se di la` mi vedesti unque>>. Io mi volsi ver lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.

e dentro a quei che piu` innanzi appariro sonava 'Osanna' si`, che unque poi di riudir non fui sanza disiro. Indi si fece l'un piu` presso a noi e solo incomincio`: <<Tutti sem presti al tuo piacer, perche' di noi ti gioi.

E un di loro incomincio`: <<Chiunque tu se', cosi` andando, volgi 'l viso: pon mente se di la` mi vedesti unque>>. Io mi volsi ver lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, ma l'un de' cigli un colpo avea diviso. Quand'io mi fui umilmente disdetto d'averlo visto mai, el disse: <<Or vedi>>; e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.

e dentro a quei che più innanzi appariro sonava ‘Osanna’ , che unque poi di rïudir non fui sanza disiro. Indi si fece l’un più presso a noi e solo incominciò: «Tutti sem presti al tuo piacer, perché di noi ti gioi.

Tal sen va ratta ove il demon la scorge; Tigre parea, che belle macchie adorna, A' Libici pastor temenza porge S'a far strage d'armento unque ritorna. Ma non però vaga in ciel risorge L'alba tra varii fior quando s'aggiorna, Ch'a pregi di costei non ceda molto, Tanta bellezza le fiorisce in volto.

A tempo il seppe Giovanni di Procida, gran cancelliere, pei suoi molti rapportatori che in terraferma vegliavano assidui il nimico. Onde nel consiglio della regina, considerato il grave frangente; lungi il re; non esercito pronto; poca l'armata, l'audace partito si deliberò in cui solo era salvezza: assaltare gli Angioini risolutamente pria che tutte adunasser le forze. A ciò trentaquattro galee e più legni minori s'armano in fretta nel porto di Messina, di scelta gente catalana e siciliana, di finissime armi, di nobili arredi. Come la flotta fu in punto, Costanza fatto a venire, coi capitani minori e i piloti, l'ammiraglio, nudrito seco del medesimo latte, educato in sua corte, con vive parole rimembragli l'affetto della casa reale d'Aragona: tutto per lei andarne su quest'armata; l'onor del re, la corona, stessa e i figliuoli a due soli commetteva, a Dio e a Ruggier Loria. A questo dire le s'inginocchiava ai pie' l'ammiraglio, e co' riti dell'omaggio feudale, poste le sue nelle mani della regina: «Non fu unque vinto, le rispose, lo stendardo reale d'Aragona; oggi il sar