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Sia un'Italia concorde e ricca di quante idee e virtú politiche, ma povera di braccia militari, ella rimarrá ciò che è: sia un'Italia anche discorde, e senza altra idea o virtú che di sapere andare e stare sui campi di battaglia militarmente, ed ella sará indipendente. Quattro milioni non servono in somma a liberarne ventiquattro.

Ma un malinteso si era frapposto tra il ministro del re Vittorio Emanuele e l'Imperatore. Il ministro voleva un'Italia intera, un'Italia italiana; l'Imperatore aveva fatto delle riserve, delle reticenze, aveva dei fini occulti. Cavour non volle tradire l'Italia. E la convenzione di Villafranca fu precipitata. Anche il re rinnegò il suo ministro!

Il conte di Cavour, senza contestazione, è il terzo uomo di Stato d'Europa con lord Palmerston e l'Imperator Napoleone. La perdita di questo uomo, nelle circostanze attuali, sarebbe, per l'Italia, una sventura irreparabile. La forza del conte di Cavour non è nei suoi principii; egli non ne ha alcuno d'inesorabilmente determinato. Ma egli ha uno scopo, uno scopo fisso, netto, la di cui grandezza avrebbe data la vertigine a tutt'altro uomo dieci anni fa quello cioè di formare un'Italia una ed indipendente. Gli uomini, i mezzi, le circostanze, gli sono stati, gli sono tuttora indifferenti. Egli cammina diritto, sempre saldo, sovente solo, sacrificando i suoi amici, le sue simpatie, qualche volta il suo cuore, spesso la coscienza. Nulla gli è duro. La pieghevolezza del suo spirito è maravigliosa. Egli indovina tutto, e raramente s'inganna, non gi

Era un'Italia forte e libera che egli sognava, erano Italiani intelligenti, attivi, che desiderava vedere, ma voleva fossimo Italiani solo, null'altro che Italiani.

Vittore si teneva caro Damiano, il suo primogenito, sopra gli altri due; e soleva dire che quello era nato almeno nel suo miglior tempo, quando c'era ancora un'Italia.

Uomini che pensassero all'Italia, che fremessero del servaggio straniero, che abborrissero l'Austria, erano in numero assai scarso. I più ignoravano che un'Italia esistesse. Eppure, qualcheduno agiva in secreto, qualcheduno scriveva, qualcheduno assumeva l'incarico pericoloso di propagare i fogli di Mazzini.

Tutto il rimanente di quel giorno Giusto non fece altro se non pensare alla sua fidanzata, ed ebbe solo un po' di requie quando con poche pennellate di biacca, di cinabro e di cromo si fu messo dinanzi la faccia gentilina e i capelli d'oro che gli trottavano nella fantasia. Ogni giorno avrebbe aggiunto qualche cosuccia alla tela, pur che ogni giorno trovasse modo di vedere Cristina, in casa, o alla finestra, o alla passeggiata. Uscirono da quel cervellaccio di grande artista tutte le melanconie della tassa di ricchezza mobile, dimenticò perfino l'esistenza d'un agente delle imposte e gli parve di vivere in una Italia nuova, fatta allora allora per lui e per Cristina, in un'Italia dove si fosse perduta la mala semente dell'esattore e non si conoscesse nemmeno la necessit

L'idea che si discuteva spesso tra' più fidi, nelle conversazioni della duchessa, era quella di un'Italia unita, o sotto un re, o a repubblica: e c'era perfino fra quei gentiluomini, e fra' non meno sapienti, chi vagheggiava una gran repubblica federale. Il principe partecipava sempre a que' colloqui.

Carlo Alberto il primo re, che attraverso troppe miserabili contraddizioni parlava di un'Italia sognandone la conquista, pieno ancora la fantasia delle forme medioevali e più savoiardo che italiano, si componeva, come un cavaliero della leggenda, un nuovo scudo e vi scriveva in francese J'attends mon bel astre.

Culto dei musei, delle rovine, dei monumenti. Culto dei musei, delle rovine, dei monumenti. Industria del forestiero. Industria del forestiero. Ossessione della cultura. Sociologia da comizio. Accademismo. Razionalismo positivista. Ideale di un'Italia archeologica bigotta e podagrosa. Ideale di una Italietta borghesuccia, tirchia e sentimentale. Quietismo ventraiolo. Quietismo ventraiolo.