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Al quale con quella umiltá, con quella divozione, con quella affezione che io posso maggiore, non quelle, cosí grandi come si converrieno, ma quelle che io posso, rendo, benedicendo in eterno il suo nome e 'l suo valore. Nel testo si è dato il secondo compendio: le varianti del primo sono riferite a piè di pagina.

Al Quale con quella umiltá e divozione che io posso maggiore, non cosí grandi come si converrieno, ma quelle che io posso, rendo, benedicendo in eterno il nome suo. «Nel mezzo del cammin di nostra vita», ecc.

E a questo, che noi oriamo e preghiamo ne' nostri bisogni, ne sollecita Gesú Cristo nell'Evangelio, dove dice: «Pulsate et aperietur vobis, petite et dabitur vobis». È il vero che l'orazione almeno queste due cose vuole avere annesse, fede e umiltá; percioché chi non ha fede in colui il quale egli priega, cioè ch'egli possa fare quello che gli è domandato, non pare orare, anzi tentare e schernire.

Chi observa questo observa tucti gli altri, è fedele a me e al proximo suo, ama me e sta nella dileczione della mia creatura; e però è obbediente, fassi subdito a' comandamenti della legge e alle creature per me, con umiltá e pazienzia porta ogni fadiga e detrazione dal proximo.

MITIETO. Talché, per dirvelo liberamente, Cintio mio caro, maggior bellezza accompagnata da onestá, maggior chiarezza di sangue congionta con umiltá trovarete, maggior amor senza gelosia si vede in donna giamai di quello che porta ella a voi. E se in tutte le cose è qualche termine o modo, solo in amar voi ella non serva termine modo.

ond'era sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina, che superba fu a quel tempo si` com'ora e` putta. La vostra nominanza e` color d'erba, che viene e va, e quei la discolora per cui ella esce de la terra acerba>>. E io a lui: <<Tuo vero dir m'incora bona umilta`, e gran tumor m'appiani; ma chi e` quei di cui tu parlavi ora?>>.

ond'era sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina, che superba fu a quel tempo si` com'ora e` putta. La vostra nominanza e` color d'erba, che viene e va, e quei la discolora per cui ella esce de la terra acerba>>. E io a lui: <<Tuo vero dir m'incora bona umilta`, e gran tumor m'appiani; ma chi e` quei di cui tu parlavi ora?>>.

A voi, mio suocero Eufranone, m'inchino, con ogni umiltá che devo, a ricevermi per servo: la vostra dote saranno i suoi meriti, le mie facultá communi a tutto il parentado. EUFRANONE. Ed io per genero vi accetto e per figliuolo. DON FLAMINIO. Concedetemi che vi baci la mano se ne son degno; se non, i piedi.