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Certo l'aureola che cinge i nostri umanisti non circonda le loro fronti. Altro è scoprire una terra, altro è metterla in valore.

Ed anche questa tedescolatria, nella sua forma generica, ha fondamenti e giustificazioni. Oggi come oggi, di fronte agli altri popoli d'Europa, i tedeschi hanno questo fortuito vantaggio: che il loro rinascimento, venuto ultimo, è, per conseguenza, piú vicino a noi. I loro poeti, i filosofi, gli storici, gli umanisti, e i musicisti sommi, sono, si può dire, nostri contemporanei.

Francamente, è un pantheon davanti a cui impallidisce anche la kaiseriana superaccademia di Berlino. Si conceda pure ai manualetti e ai manualoni tedeschi che tutti questi umanisti i quali però scrivevano il latino in guisa da rivaleggiare con Cicerone e con Orazio, mentre parecchi accademici di Berlino lo scrivono come sguatteri non intendessero affatto il «contenuto» degli scrittori di Roma: si conceda che non intendessero lo spirito la forma dei poeti greci, sebbene vorrei vedere quanti dei filologi «scientifici» sarebbero capaci di scrivere versi greci come quelli di Angelo Poliziano, con quell'onda musicale, con quella nitidezza cristallina, con quella intensit

Ora, in questo periodo che diremo, per intenderci, franco-olandese, si precisano meglio il cómpito e gli scopi della filologia, rimasti nel periodo umanistico un po' indeterminati e confusi. Gli umanisti italiani, nel loro sconfinato entusiasmo, avevano voluto quasi cancellare il torbido periodo dell'et

Il periodo francese è veramente gloriosissimo. Esso vanta, per non ricordare che i nomi piú famosi, tutta la dinastia degli Stefani, il Turnèbe, che Montaigne chiamò il piú gran letterato da mille anni ai suoi giorni, il Mureto, sovrano d'ogni eleganza, Giuseppe Giusto Scaligero, l'«aquila fra le nubi», il Casaubon, l'uomo piú dotto dei suoi tempi. Questi filologi, e i minori, ripubblicarono o pubblicarono i testi greci e latini con diligenza, con disciplina, con un materiale di studio che gli umanisti non possedevano ancora. La loro potenza di lavoro era formidabile, favolosa. Il solo Enrico Stefano (il minore), pubblicò 74 autori greci e 58 latini, fra cui diciotto edizioni principi. E questa non è se non la parte minore, il fregio della sua opera: il suo capolavoro immortale è il Tesoro della lingua greca , che in cinque volumi in folio racchiude tutta la grecit