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Mentre Lottchen continuava a tormentarlo ed a tormentarsi, ricominciando per la centesima volta le sue recriminazioni, egli non osò risponderle parola. La fanciulla si chinava verso di lui per vederne il volto, ma si ritraeva scontenta: sulla faccia di Ulrich non si vedeva alcuna impressione. Solo un lieve tremolío gli agitava le dita.

Ulrich era stato un bimbo infelice nella casa di una dura matrigna. Sapeva quante lagrime segrete si possono versare in una notte, come possano soffocarsi mordendo il lenzuolo; aveva conosciuto la monotonia delle lunghe ore, passate in un angolo oscuro, sopra una seggiolina, con le mani in grembo. Non aveva giocattoli e ne vedeva dappertutto e ci pensava spesso, e li desiderava tacitamente e li chiamava nel suo cuore. Chiudendo gli occhi, li rivedeva nella sua mente e li scomponeva, li ricomponeva, cercava loro una forma nova. Passando dinanzi ad una fabbrica, guardava, timido, per la porta socchiusa. Stare l

Ed un bambino entrò correndo nella stanza, cercando d'arrampicarsi sulle ginocchia del giovanotto. Quando ebbe conquistato quel posto, col tono lento e carezzevole dei bambini, gli domandò: Me lo fai un giocattolo, zio Ulrich? Ulrich impallidì, arrossì e posò una mano sul capo del bimbo. Te lo farò, Hans. Bello? Bello. Un giocattolo che avrò io solo, io solo? Tu solo.

Una meraviglia, a compire la quale Ulrich aveva esaurita tutta la potenza del suo ingegno. Compiuta che fu, una soddisfazione gli entrò nell'anima esacerbata, e sorrise. Dopo tanto tempo che non sorrideva. Ma quando fu a dar la via al suo capolavoro, tremò.... ................................................................... ...................................................................

Quello è sangue di porco! E senza abbandonare Eschilo, veniamo finalmente al piú grande dei moderni ellenisti, al pontefice massimo, al gran lama, al kaiser della filologia moderna: Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff. Questo nome, , fa tremare le vene e i polsi a tutti i filologi autentici, serî, veramente scientifici. Per avere denunciate alcune sue gustosissime amenit

Di nuovo il silenzio si fece. Niuno non lo interruppe più. Nell'ambiente caldo e bruno, si calmavano gli echi dei tre amori, così profondamente diversi fra loro. Eppure era lo stesso uomo che le amava tutt'e tre. Ebbene, Ulrich, non mi rispondi? chiese Lottchen, molto indispettita. Egli stava ritto presso la finestruola archiacuta, dai vetri impiombati, guardando fisso nella viottola.

Ulrich non vi badò. Anzi, nella sua mente s'intrigavano, si complicavano sempre più mille forme, mille congegni. Fece un uccellino che apriva le ali, gonfiava la gola e cantava. Il direttore lo ammirò, ma non molto; fece qualche difficolt

Nell'ombra della sera che cresceva, il suo duro ed energico profilo teutonico si addolciva; e il corpo alto si curvava, quasi preso dalla stanchezza. Ulrich, tu non mi ascolti ripetè Lottchen, con una certa tristezza nella voce. Egli si volse, e sulle sue labbra spuntò un sorriso debole ed indeciso.

Uno di quei giocattoli belli belli che tu solo sai fare? Sicuro, uno di quei giocattoli belli che io solo so fare. Ulrich per la prima volta sorrise d'orgoglio: ma fu anche una lagrima di orgoglio offeso quella che Lottchen celò andando in un'altra stanza. Il bimbo rideva e stringeva le mani, quasi che possedesse gi

Il sig. Ulrich ci dimostrò quanto gli antichi e i loro successori avessero scialacquato con questi giacimenti. Delle intere colline di terra ferruginosa inutilizzata sono state ammonticchiate, coprendo i giacimenti di minerale. Questa terra sprecata però è tanto ricca di sostanze, da dare pur sempre un ottimo materiale. Il signor Ulrich prese una manciata di terra, dove noi stavamo, ce la mostrò e disse; «Osservate, la terra che io prendo qui alla superficie, d